Giulio Regeni «collaborava con Il Manifesto» e utilizzava uno pseudonimo «perchè temeva per la sua incolumità». Lo riferisce la redazione de...
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Ma secondo la supervisor di Regeni all'Università Americana del Cairo, Rabab el-Mahdi, lo studente italiano «si era sempre tenuto alla larga da qualunque cosa fosse politicizzata». Anne Alexander, ricercatrice dell'Università di Cambridge e, come Regeni, esperta di movimenti operai egiziani, si è detta preoccupata per la sua morte e ha lanciato l'allarme per la sicurezza degli altri ricercatori che lavorano in Egitto, in particolare per quelli che affrontano temi delicati.
«Tutti quelli con cui ho parlato sono scioccati dalle notizie emerse sulle probabili circostanze della sua morte. Se queste notizie fossero confermate vogliamo fare tutto il possibile per garantire che i responsabili siano chiamati a risponderne», ha affermato la Alexander, citata dal sito del Guardian. Secondo la ricercatrice, la preoccupazione per le condizioni di Regeni era stata alimentata in parte da segnalazioni di persone scomparse e arresti di massa che hanno avuto luogo prima del 25 gennaio. «Centinaia di cittadini egiziani sono scomparsi nel corso degli ultimi anni e spesso è emerso che erano in prigione e a volte hanno subito torture. Un numero molto inferiore è stato trovato morto», ha aggiunto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero