MILANO Dal 2008, data nefasta del fallimento dell'immobiliare Magenta, Claudio Giardiello non viveva più. I bei tempi floridi, viaggi e vestiti eleganti, erano un ricordo e...
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Cercava vendetta contro chi, a suo dire, lo aveva imbrogliato e custodiva da tempo la lista delle persone da uccidere: «Mio nipote, i miei ex soci, il mio commercialista che è il peggiore di tutti e il giudice Fernando Ciampi che mi ha rovinato», si sfogava con l'amico Ermenegildo Gabrielli. Una profezia dell'orrore che ha messo in pratica due giorni fa, entrando a palazzo di giustizia da un ingresso riservato mostrando il tesserino di agente immobiliare e seminando la morte. Il suo primo proiettile è stato proprio per il detestato nipote Davide Limongelli, fortunatamente sopravvissuto.
IL TRUCCO DEL TESSERINO
Gabrielli ha un negozio di brocantage in centro a Milano ed è qui che Giardiello si rifugiava. Qualche volta chiedeva in prestito soldi, altre la macchina per andare a Legnano a vedere le villette che la Magenta aveva costruito.
«Ci siamo conosciuti dieci anni fa durante una vacanza a Cracovia. Lui aveva un sacco di soldi, teneva i rotoli di banconote in tasca. Una volta mi ha detto che aveva vinto 900 mila euro al casinò di Campione. La sua impresa andava a gonfie vele, mi ha portato a vedere quelle villette a schiera e sono rimasto impressionato». È durata poco. «Ha cominciato a parlarmi dei suoi problemi economici, veniva qui in negozio ogni mattina a lamentarsi: “Gildo, mio nipote mi sta fregando”». Limongelli e gli altri soci, sosteneva, «hanno venduto le villette senza dirmi niente, non mi hanno pagato e vogliono che metta denaro nella società per ricapitalizzarla. Ma io questi soldi non li ho».
Così la diatriba è finita a carte bollate, «lui veniva da me con la ventiquattr'ore piena di documenti e mi spiegava: “Vedi? Queste sono le carte che devo portare in tribunale”». Era diventato un frequentatore abituale del palazzo di giustizia e aveva capito come ottimizzare i tempi. «Entro dall'ingresso degli avvocati perché non voglio fare code - raccontava all'amico -. Mi basta presentare il tesserino da agente immobiliare, mi vedono vestito bene e passo senza problemi». Intanto il suo odio per gli ex soci e il giudice Ciampi cresceva proporzionalmente con i guai finanziari.
«Mi diceva: “Io li ammazzo tutti”. Pensavo fosse solo uno sfogo, cercavo di farlo ragionare: “Claudio, non hai paura di passare il resto della tua vita in galera? Puoi rimboccarti le maniche, ricominciare da capo”». Ma Giardiello voleva solo vendetta: «Quelli mi hanno rovinato, la mia esistenza è finita, non mi interessa andare in prigione».
PRESTITO PER LA PISTOLA
Da Gabrielli cercava conforto e soldi, «era così disperato che mi ha venduto un po' di argenteria, gli ho comprato un mobile per aiutarlo. Una volta mi ha detto: “Mi presti 800 euro per comprare una pistola?”». L'amico ha cercato di farlo desistere, il killer ha insistito fino a che non ha ceduto. «Aveva trovato un tipo a Torino che doveva vendergliela. Il giorno dopo però è tornato da me a mani vuote. “Gildo, mi hanno imbrogliato, gli ho dato i soldi e non mi hanno dato la pistola”». Alla fine, per altri canali, è riuscito a procacciarsi la Beretta.
«Uccidere il nipote, i soci e il giudice era un'ossessione per lui.
Il Messaggero