Il danno sociale/ Pene più certe unico antidoto contro la rissa sulla sicurezza

Il danno sociale/ Pene più certe unico antidoto contro la rissa sulla sicurezza
Secondo i dati pubblicati ieri dal Messaggero, due italiani su tre si sentono insicuri. È una percentuale in continuo aumento, e i politici sanno che su questo terreno si...

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Secondo i dati pubblicati ieri dal Messaggero, due italiani su tre si sentono insicuri. È una percentuale in continuo aumento, e i politici sanno che su questo terreno si giocheranno - in buona parte - le elezioni. Nondimeno, le reazioni sono state diverse. Anche se tutti sono d’accordo nel potenziare le forze dell’ordine, le proposte variano a seconda delle analisi, condizionate a loro volta dalle ideologie. 

Da un lato, si chiedono pene più aspre, e un’ estensione estrema della legittima difesa. Dall’altro, si invita a non confondere la situazione reale con quella percepita: qualcuno addirittura insinua che questa percezione sia ingannevole e maliziosamente indotta dalle forze reazionarie, per sviare l’attenzione dai reati più gravi, come la corruzione e l’evasione fiscale.

In una materia così complessa sarebbe bene abbandonare i pregiudizi e gli slogan elettorali. Per conto mio mi limito a due modeste considerazioni. 
La prima riguarda la differenza tra i reati cosiddetti di microcriminalità - furti, violazioni di domicilio ecc - che impauriscono i cittadini, e quelli dei cosiddetti colletti bianchi, che ne suscitano la rabbia e l’indignazione. Qui l’equivoco nasce dalla confusione tra l’allarme sociale, provocato dai primi, e il danno sociale cagionato dai secondi. Mi spiego. 

La corruzione e l’evasione tributaria producono conseguenze note a tutti: l’aumento dei costi, l’alterazione della libera concorrenza, il depauperamento delle risorse collettive e, di riflesso, un aumento dell’imposizione fiscale. In questo senso provocano un “danno sociale” elevatissimo, certamente più alto dei reati contro il patrimonio.
Tuttavia questi ultimi, proprio perché incidono direttamente sulla pelle dei singoli, e ne distruggono l’esistenza, provocano un “allarme sociale” molto più grande dei primi. Potete verificarlo da voi: avete mai perso il sonno e l’appetito ascoltando alla tv le malefatte dei corrotti e degli evasori? Non credo. 

Ma se un ladro (non dico un rapinatore) è entrato in casa vostra, non dormite per settimane. E poiché il numeri dei furti, degli scippi ecc. è assai alto, questo insieme di ferite si converte in malattia mortale, perché non è più una somma di eventi ma una sintesi di sfiducia verso lo Stato. Ecco perché i cittadini sono più sensibili alle leggi sulla sicurezza che a quelle contro la corruzione.

La seconda, connessa alla precedente, riguarda la legittima difesa. Abbiamo qui ripetuto più volte che il sistema va cambiato, perché oggi chi si difenda in casa propria contro l’aggressore deve poi difendersi anche in tribunale da un’accusa spesso ingiustificata. Questo dipende da un codice penale di origine fascista - firmato nel 1930 da Mussolini - che, malgrado alcuni ritocchi, continua a considerare la persona come un suddito, e non come un cittadino, dimenticando che se quest’ultimo viene aggredito, il primo inadempiente è proprio lo Stato che non ha saputo proteggerlo. 

Tuttavia questo non significa che si possa scivolare nell’estremo opposto di giustificare, senza se e senza ma, ogni forma di reazione quando vi è un intruso in casa propria. I requisiti dell’attualità del pericolo e della proporzione tra offesa e difesa costituiscono in tutto il mondo,compresi gli Stati Uniti, un elementare principio di civiltà. 

Che fare allora? Una cosa prima di tutto: guardare la realtà com’è, e non come vorremmo che fosse. Se i cittadini hanno paura, è ozioso distinguere tra quella vera e quella reale. Esser convinti di avere una malattia incurabile è talvolta peggio di averla sul serio, e questi stati d’animo non si fronteggiano con le omelie paternalistiche o peggio con l’ironia. In questa prospettiva, è il nostro intero sistema penale a dover essere cambiato. Per esempio rendendo le pene non più gravi ma più certe, perché nulla scredita le istituzioni quanto il vano gridare a vuoto. 


E, per restare in tema, riconoscendo sì il diritto di autotutela, ma sempre nei limiti dell’incolumità pubblica e del buon senso: potersi difendersi in casa senza rischiare un processo, evitando però le sparatorie in pubblico improvvisandosi giustizieri. Queste, e tante altre riforme, non saranno un programma facile, ma sono un programma fattibile. Anche se temo che la baraonda continuerà fino alle elezioni, e probabilmente anche dopo.
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Il Messaggero