Addio a Riina, Corleone si divide: «Qui ancora lo chiamano "Iddu"»

Riina (ansa)
CORLEONE - La città è livida e ammaccata, come reduce da una notte insonne. Stretti tra le due rocche gemelle, i tetti di Corleone sono sferzati dalla pioggia....

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CORLEONE - La città è livida e ammaccata, come reduce da una notte insonne. Stretti tra le due rocche gemelle, i tetti di Corleone sono sferzati dalla pioggia. Via Bentivegna è un budello stretto popolato di fantasmi. All'orizzonte nuvoloni neri fanno a pugni con gli squarci di sole di un mattino di novembre contrastante. La perfetta metafora di un paesino che si sveglia diviso dopo la morte del famigerato concittadino. «Iddu» lo chiamano tutti. Perché qui, il mammasantissima, nessuno lo nomina invano neppure da morto. Ma per il resto, su Totò Riina, la città marcia divisa. Da una parte i vecchi seduti nei bar con la coppola in testa e il sigaro in bocca. Sono quelli che dicono che il Capo dei Capi era una «brava persona ca fici tantu bene». Dall'altra i giovani, quelli nati dopo le stragi del 92, che della faccia di Riina non conoscono neppure i connotati. Quelli che i botti della mafia a Capaci e via D'Amelio, li hanno sentiti in dvd nelle proiezioni scolastiche.


Nel bar Keystone, a due passi da piazza Falcone e Borsellino, gli occhi del titolare sono incollati sulla diretta del Tg5, mentre sua moglie serve al bancone. «Hanno intervistato a Calogero, u viristi? Mischino, gli ammazzarono suo padre proprio qua vicino». Tempi feroci quelli. Tempi in cui i picciotti di Totò u curtu, si erano stancati di macellare vacche rubate nei campi e si erano messi a scannare uomini con la stessa ferocia. Gli anziani però, non hanno nulla da rinfacciargli. Perché in quei fiumi di sangue, scorrevano pure fiumi di soldi. «Fino a quando c'era Iddu, tutti lavoravamo, dal primo all'ultimo. Quando lo presero, finirono tutte cose» dice nostalgico un 70enne.

I PENSIERI
I vescovi hanno fatto sapere che non ci sarà nessun funerale pubblico, ma in tanti mugugnano. «Nostro Signore ha detto che tutti devono essere accolti, chi siamo noi per dire che un uomo non ha il diritto ad andarsene in pace?» ragiona la cassiera. «Non si è pentito, non ha diritto al perdono chi non si pente, e ora se la vede con Dio per quello che ha fatto» replica una 40enne. Pezzi di una città dalle cento chiese dove ancora la religione è forte. «Noi ci abbiamo provato a farlo pentire» dice la cassiera. «Iddu aveva accettato poco prima di morire di ascoltare fra Felice. Poteva confessare i suoi peccati, ma purtroppo non abbiamo fatto in tempo». Forse solo il sogno di una redenzione impossibile. Perché in 24 anni di galera, Riina non ha mai detto una parola. In paese, c'è chi riconosce al boss sanguinario una fosca coerenza. «Non ha parlato fino all'ultimo giorno. Iddu era il capo ed è stato coerente. Per me uno così è da ammirare» borbotta un uomo vicino ai 50 anni.

Ad agosto 2016, il comune fu sciolto per mafia. Al secondo piano, una delle tre commissarie che regge il Comune da 15 mesi, ha l'aria molto stanca. «Abbiamo ereditato una quantità di problemi enorme, io e le colleghe stiamo tutto il giorno con il naso sui fascicoli per cercare di riportare un po' d'ordine». La commissaria nega decisa di aver finora ricevuto intimidazioni o messaggi obliqui. «Ma posso dire che la città è divisa. Quelli che prima mangiavano, li abbiamo messi a dieta». In alto, ai piedi della rocca, via Scorsone resta al riparo degli occhi dei cronisti. Qui è tornata a vivere Ninetta Bagarella dopo vent'anni. «Era la mia insegnante di educazione fisica» racconta divertita la signora Maria. «E poi un giorno non la vidi più. Il preside ci disse che era partita».


La pioggia di colpo svanisce, un gruppo di ragazzi ci viene incontro. «Raccontatela tutta Corleone, perché a Corleone ci siamo anche noi». Valeria e i suoi amici hanno tutti tra i 16 e i 18 anni. Lavorano al Cidma, il Museo antimafia di Corleone. E non hanno paura. «La sentiamo la puzza della mafia», raccontano i ragazzi, «ma i nostri eroi sono Falcone e Borsellino». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero