PESCARA - «Se sono stati commessi errori saranno corretti. Se c'è altro si vedrà, ognuno si assumerà le proprie responsabilità. Ma nel merito...
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LA MAIL
Prende forma, nella ricostruzione degli investigatori, un doppio binario di allertamento. Quello attivato da Marcella su sollecitazione dell'amico, che si infrange contro il muro di gomma, e quello che, filtrato da 118, 112 e 115, viene ritenuto credibile. Quanto ciò abbia pesato sulla partenza effettiva della colonna dei soccorsi, un'ora e 25 minuti nell'ipotesi peggiore, lo sveleranno gli altri tasselli del puzzle.
A cominciare dalla mail certificata con la richiesta di uno spazzaneve inviata alle 15,44 dalla direzione dell'Hotel Rigopiano: «Il gasolio per alimentare il gruppo elettrogeno dovrebbe bastare fino a domani - c'è scritto -... I telefoni sono invece fuori servizio. I clienti sono terrorizzati dalle scosse simiche e hanno deciso di restare all'aperto... per quanto sopra, consapevoli delle difficoltà generali, chiediamo di predisporre un intervento al riguardo». Ennesima sollecitazione dopo quelle, scritte e verbali, che a partire dalle 7 hanno tempestato Provincia e Comune di Farindola.
I TELEFONINI
Di più diranno i primi cellulari dei clienti dell'albergo, recuperati dai soccorritori e subito sequestrati dai carabinieri. Tra gli apparecchi ritrovati c'è quello di Sebastiano Di Carlo, che sicuramente quel giorno ha comunicato con la sorella Simona, consigliera comunale a Pescara, sollecitandola a chiedere interventi. L'esame di tabulati, sms e comunicazioni Whatsapp fornirà un quadro preciso del numero e del tenore delle richieste di aiuto arrivate, in pieno sciame sismico, da quell'angolo di montagna completamente isolato, a quota 1200 metri sul Gran Sasso. Fornendo finalmente risposta alla domanda chiave: era davvero impossibile mettersi in marcia prima, e con mezzi adeguati, per liberare i sepolti vivi di Rigopiano?
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Il Messaggero