Renzi e la follia: Qualcuno volò sul nido del cuculo il mio film preferito

Una scena di Qualcuno volò sul nido del cuculo
Matteo Renzi nel manicomio della politica. Il presidente del Consiglio come un celebre personaggio cinematografico. Il personaggio cinematografico è Jack Nicholson in «Qualcuno...

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Matteo Renzi nel manicomio della politica. Il presidente del Consiglio come un celebre personaggio cinematografico. Il personaggio cinematografico è Jack Nicholson in «Qualcuno volò sul nido del cuculo», il quale dentro l’ospedale dei pazzi decide di rompere le regole e di sovvertire gli schemi che regnano in quel luogo e lo rendono oppressivo. Ecco, Matteo contro le istituzioni che schiacciano la libertà e impediscono lo sprigionarsi della forza creativa e delle altre potenzialità degli uomini che dovrebbero essere padroni del proprio destino e forti del proprio coraggio.




Così si spiega l’annuncio del premier, nella twitter-intervista a Vanity Fair, il quale elencando i suoi gusti cinematografici - da «The master» a «Roma città aperta», dalla «Grande bellezza» ai «300» e a «Quasi amici» - dichiara: «Il mio film prediletto è Qualcuno volò sul nido del cuculo». Riuscirà Renzi a vincere questa sua sfida liberatoria oppure lui, che ripete di continuo «se perdo la colpa è soltanto mia», verrà travolto da questa sana follia di voler rendere meno manicomiale la politica che ha ospedalizzato se stessa e si è auto-rinchiusa in un universo che la blocca, la annichilisce e la rende irriducibile alla normalità?



Il neurologo Rosario Sorrentino - che ieri insieme al ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, è andato in una scuola romana parlare dello spinello che «non è una droga leggera» - osserva: «Renzi si identifica in Nicholson e nell’indiano, altro personaggio cult di quel film di Milos Forman, del ’75, ossia nello spirito di coloro che vogliono ribellarsi a un potere pre-costituito. Nel fare questo, Matteo parla a Matteo dicendo a se stesso, consapevole del compito tremendo che lo attende: Matteo, non abbassare la tensione». Proprio come Nicholson che nel film le prova tutte, per cambiare il sistema. Sull’esempio di McMurphy, così si chiama il protagonista di questo capolavoro, i degenti imparano ad essere persone e a esprimere liberamente le proprie necessità. Poi, però, Nicholson finisce male: viene lobotomizzato. «Oddio, no: Renzi non corre proprio questo pericolo, come è ovvio», assicura lo psichiatra Luigi Cancrini. Il quale giudica positivamente la predilezione del premier per «Qualcuno volò sul nido del cuculo». Spiega Cancrini: «Renzi è sia McMurphy sia Capo Bromden, cioè l’indiano.



Quest’ultimo fugge dal manicomio e la sua fuga, in quella scena meravigliosa in cui egli strappa il pesante lavandino dell’ospedale psichiatrico e lo lancia sulle sbarre sfondandole, è il prodotto della ribellione di Nicholson». Agire, osare, rompere, liberare se stesso e gli altri, azzerare il manicomio Italia dandogli un «cambiamento radicale». E se Renzi per simboleggiare tutto ciò sceglie il film di Forman, uno dei pochi ad aver vinto a suo tempo tutti e cinque gli Oscar principali, Silvio Berlusconi identificò la sua battaglia nell’«Elogio della follia» di Erasmo da Rotterdam, suo libro prediletto di cui è stato anche editore e prefatore.



Di solito, quando si parla di politico pazzo ci si riferisce allo scespiriano Riccardo III. O a re Giorgio, e «La pazzia di re Giorgio» è uno spettacolo teatrale (e libretto, edito da Adelphi) gustosissimo di Alan Bennett in cui si racconta l’uscita di senno da parte del sovrano e di come il primo ministro William Pitt il Giovane dispone le misure necessarie per le cure del monarca e per tenere il più possibile all’oscuro il Parlamento sul vero stato di salute di Giorgio. Ma Renzi, indicando il film che gli piace, imposta il rapporto tra politica e pazzia in altro modo. «Il premier considera la politica come una sorta di grande recinto - spiega Sorrentino - all’interno del quale si sono strutturati gruppi che decidono e bloccano tutto e lui vuole abbattere questo muro e riconquistare la politica alla normalità. In questa sua lotta, Renzi non nega la paura, è consapevole della sua paura - la paura di sbagliare, di fallire nel compito - e la utilizza come energia da trasferire agli altri. In questo è un vero leader». Un prototipo di leader, secondo Matteo, è stato Steve Jobs. Infatti egli ha spesso citato la massima di quel grande americano inventore della Apple: «Sii affamato, sii pazzo».



IL RABDOMANTE

Matteo è un pazzo? «Non lo è affatto», osserva ancora il neurologo Sorrentino: «Direi che è un tipo imprevedibile. In lui prevalgono l’emozione, la passione, l’istinto che spesso incidono nella ragione. E’ il rabdomante delle emozioni, capace di mettersi in empatia con gli altri. In questo è come Nicholson nel film di Forman».



Ma Jack in quella pellicola non era pazzo affatto. I medici gli dicevano «sei pazzo», ma non era così. Anche a Renzi tanti dicono «sei pazzo», «ti sei imbarcato in un’impresa folle», «non vai da nessuna parte»: ma lui insiste. «Mi gioco tutto. O vinco o perdo». Osando l’impossibile, ossia volando sul nido del cuculo. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero