E' nata dall'intercettazione di alcune telefonate nell'ambito delle indagini della Dda di Reggio Calabria nei confronti di una vicenda di 'ndrangheta che si...
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Falso ideologico e materiale, soppressione, distruzione e occultamento di atti veri, aborti senza consenso della donna e neonati morti. Sono questi i reati contestati nei confronti di 11 sanitari dei reparti di Ostetricia e Ginecologia e di Anestesia del Presidio ospedaliero 'Bianchi-Melacrino-Morellì di Reggio Calabria. Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale della Guardia di Finanza del capoluogo calabrese stanno eseguendo un'ordinanza di applicazione di misure cautelari emessa dalla locale Tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica reggina, nei confronti degli 11 sanitari, nell'ambito dell'operazione battezzata 'Mala Sanitas'.
Si tratta, in particolare, di 4 misure cautelari degli arresti domiciliari nei confronti di medici e di 7 misure interdittive della sospensione dell'esercizio della professione (medica e/o sanitaria) per la durata di 12 mesi a carico di sei medici e di una ostetrica. L'attività investigativa del Nucleo Polizia tributaria di Reggio Calabria ha permesso di accertare l'esistenza di un sistema di copertura illecito, condiviso dall'intero apparato sanitario, che è stato attuato in occasione di errori medici commessi nell'esecuzione dell'intervento sulle singole gestanti o pazienti, per evitare di incorrere nelle conseguenti responsabilità soprattutto giudiziarie. In particolare, gli episodi di malasanità accertati hanno riguardato il decesso (in due distinti casi) di due bimbi appena nati, le irreversibili lesioni di un altro bimbo dichiarato invalido al 100%, i traumi e le crisi epilettiche e miocloniche di una partoriente, il procurato aborto di una donna non consenziente nonché le lacerazioni strutturali ed endemiche di parti intime e connotative di altre pazienti.
Cartelle cliniche «manipolate» o falsificate per coprire le responsabilità derivanti dagli errori medici commessi nei reparti di Ostetricia e ginecologia, di Neonatologia e di Anestesia del Presidio ospedaliero «Bianchi-Melacrino-Morelli» («Ospedali Riuniti») di Reggio Calabria. È lo spaccato emerso dall'inchiesta «Mala sanitas» coordinata dalla Procura della Repubblica reggina e dal Gico del Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. Nell'ordinanza che ha portato ai domiciliari 4 medici ed alla sospensione dalla professione di altri sei e di una ostetrica, il gip parla dell'«esistenza di una serie di gravi negligenze professionali e di 'assoluta freddezza e indifferenzà verso il bene della vita che di contro dovrebbero essere sempre abiurate dalla nobile e primaria funzione medica chiamata 'a salvare gli altrì e non se stessi».
Dalle indagini sarebbe emersa l'esistenza di un sistema di copertura illecito, condiviso dall'intero apparato sanitario, che è stato attuato tutte le volte in cui «le cose non sono andate come dovevano andare» nell'esecuzione dell'intervento sulle singoli gestanti o pazienti, per evitare di incorrere nelle conseguenti responsabilità soprattutto giudiziarie. Nelle conversazioni intercettate nel corso delle indagini, si sentono gli indagati che, a seconda il caso trattato e il bisogno necessario, si esprimono dicendo «la si chiuderà e poserà nell'armadio», oppure che la cartella sarà alterata «con bianchetto», o si inciderà sulla stessa «con una striatura», o si provvederà a introdurre nella stessa falsi documenti sanitari o a sopprimerne «parti». Secondo gli inquirenti, all'occorrenza, la cartella veniva confezionata ad arte o veniva omesso deliberatamente di attestare ciò che era stato visto e compiuto durante l'intervento.
Il primario e l'ex primario dell'Unità operativa complessa di Ostetricia e Ginecologia degli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, Alessandro Tripodi e Pasquale Vadalà, sono due dei quattro medici sottoposti agli arresti domiciliari nell'ambito dell'inchiesta «Mala sanitas».
Il Messaggero