Omicidio Raciti, killer in semilibertà: la rabbia della vedova

Omicidio Raciti, killer in semilibertà: la rabbia della vedova
Undici anni sono trascorsi dalla morte di Filippo Raciti, l'ispettore di polizia rimasto ucciso negli scontri tra ultras e agenti durante il derby Catania-Palermo di un...

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Undici anni sono trascorsi dalla morte di Filippo Raciti, l'ispettore di polizia rimasto ucciso negli scontri tra ultras e agenti durante il derby Catania-Palermo di un venerdì nero nella storia del calcio italiano. La giustizia penale ha concluso il suo corso con la condanna definitiva, per omicidio preterintenzionale di due tifosi etnei: Daniele Micale condannato a 11 anni e Antonino Speziale, all'epoca ancora minorenne, che sconta una pena di 8 anni.

Prima di Natale a Micale, con un provvedimento ormai non più impugnabile, il tribunale di Sorveglianza di Catania ha concesso la semilibertà: l'ex ultrà, che ha da poco compiuto 30 anni, potrà lasciare il carcere ogni mattina per andare al lavoro con l'obbligo di tornare in cella in serata.

«GRADUALE REINSERIMENTO»
Il provvedimento dei giudici catanesi accoglie la richiesta dei difensori di Micale, ed è finalizzato «al graduale reinserimento sociale» del detenuto. Per i magistrati i presupposti per la concessione del la semilibertà ci sono tutti: Micale, scrivono, «ha scontato oltre la metà della pena, fruisce regolarmente di permessi premio e da alcuni mesi è ammesso al lavoro esterno e ha svolto anche volontariato». Non ha carichi pendenti e «le neutre informazioni di polizia fanno ritenere che non sussistano attuali collegamenti con la criminalità organizzata».
Ma la decisione del tribunale di Sorveglianza, come era prevedibile, solleva non poche reazioni polemiche. A cominciare da quelle della Silp Cgil: «Siamo stupiti e rammaricati - dice il segretario Daniele Tissone - e le norme contro i violenti negli stadi, più volte promesse, non sono mai state approvate dal Parlamento. Speriamo lo faccia il prossimo, per Raciti e per gli agenti in divisa che ogni settimana garantiscono la sicurezza alle manifestazioni sportive». «Chi ha ucciso un servitore dello Stato, padre di famiglia, merita forse un premio? E' solo una vergogna», rilancia Gianni Tonelli, segretario generale del Sap: «così si legittimano condotte antipolizia e l'odio, sempre più imperante, nei confronti delle forze dell'ordine».

Duro anche il Coisp, «attonito e indignato: la semilibertà a Micale fa rabbrividire».
Resta, invece, in carcere l'altro ultrà condannato: Antonino Speziale che, dopo la Cassazione, ha tentato, inutilmente, anche la carta della revisione e si è sempre detto innocente. Nessun provvedimento di riduzione pena, nessun beneficio è previsto per lui: il fine pena per l'omicidio Raciti scatterebbe è il prossimo novembre, ma, nel frattempo, Speziale è stato condannato a un altro anno di reclusione per avere assistito a un allenamento del Catania nonostante ancora fosse sottoposto a Daspo. Nel carcere di Favignana, in cui per un periodo ha scontato la condanna, poi, è stato trovato in possesso di un telefonino. Circostanza che, certo, non ha giovato alla sua posizione carceraria e che gli è costata il trasferimento nell'istituto di pena palermitano di Pagliarelli.


Filippo Raciti, che aveva solo 40 anni quando è stato ucciso, venne colpito al petto, come conferma il verdetto della Cassazione, da un lavello sradicato dai bagni dello stadio e lanciato contro di lui dai due condannati. Era il 2 febbraio del 2007 e a Catania era un giorno di festa, la festa della patrona della città, San'Agata. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero