Tra Ue, Russia e Usa/ Il baricentro da trovare per la nostra politica estera

Tra Ue, Russia e Usa/ Il baricentro da trovare per la nostra politica estera
In questi giorni si è molto discusso a proposito della politica economica del futuro governo e poco invece di politica estera, pur essendo i due capitoli strettamente...

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In questi giorni si è molto discusso a proposito della politica economica del futuro governo e poco invece di politica estera, pur essendo i due capitoli strettamente legati fra loro. Conviene perciò riflettere sulle pur scarse note del programma di politica estera concordato fra Lega e 5Stelle. Riflettere sulla possibilità che tale programma possa essere messo in atto e, infine, sulla compatibilità delle diverse proposte. 


Si tratta di un esercizio non semplice, in quanto il programma comune parte con l’affermazione di fedeltà all’alleanza atlantica con gli Usa ma si accompagna ad un’apertura totale alla Russia, considerata non come una minaccia ma come un indispensabile partner economico e commerciale, al quale debbono essere perciò tolte al più presto le sanzioni in atto. La Russia viene anzi considerata come un potenziale alleato della Nato e dell’Unione Europea per combattere il terrorismo islamico e per regolare i flussi migratori nel Mediterraneo.

Tutto bene quindi ma, nell’attuale situazione, si tratta di un desiderio più che di un disegno politico possibile. Penso anch’io che l’obiettivo di dividere l’Europa dalla Russia sia un errore strategico non solo dal punto di vista europeo ma anche per gli stessi interessi americani di lungo periodo. 

Tuttavia le cose oggi stanno ben diversamente e le tensioni fra Nato e Russia sono al massimo livello proprio in un momento nel quale il ruolo dell’Italia nella Nato diventa essenziale in conseguenza dell’indecifrabile politica turca. È infatti rimasta l’Italia, con i 30.000 soldati americani presenti sul suo territorio e forniti di armi nucleari, il presidio militare più affidabile della Nato nel mare nostrum.

In questo complesso gioco di tensioni fra i paesi aderenti alla Nato e la Russia si inseriscono tuttavia eccezioni di grande portata, come il progetto del raddoppio del gasdotto sottomarino che congiunge direttamente la Russia alla Germania tagliando fuori gli interessi polacchi e ucraini. Un progetto che trova, naturalmente, la ferma contrarietà americana.

Un progetto che si colloca contro gli interessi dell’Italia che voleva fare del nostro Mezzogiorno il punto di arrivo e di smistamento di energia che, arrivando da sud e da est, potesse in qualche modo equilibrare il monopolio che la Germania intende assumere nella politica di rifornimento del gas europeo. Un puzzle ulteriormente complicato dal fatto che un partito determinante nel nuovo governo italiano si oppone all’arrivo di un gasdotto in Puglia (il così detto Tap) rendendo quindi vano il progetto che farebbe dell’Italia meridionale lo snodo fondamentale della politica energetica europea. 

Proprio mentre l’Italia diventa determinante negli aspetti militari ed economici del Mediterraneo, dove il nostro ruolo è per noi vitale e per i nostri alleati insostituibile, l’accordo di governo non parla affatto della politica mediterranea se non riguardo alla lotta al terrorismo e alle migrazioni. Nel frattempo la Francia, approfittando della lunga crisi e delle incertezze italiane, ha portato avanti, con decisione solitaria, una conferenza per la pace in Libia. La decisione della conferenza di Parigi di indire presto le elezioni non è stata certo accolta con unanime entusiasmo dalle diverse fazioni libiche: speriamo che le cose maturino in futuro. L’unica cosa per ora certa è che questa conferenza ha marginalizzato il nostro ruolo nel Mediterraneo, sostituendolo con la crescente influenza proprio da parte del paese che ha voluto, iniziato e condotto la sciagurata guerra di Libia e non ha certo partecipato ad uno sforzo concordato per portarvi la pace. 

Queste riflessioni ci portano direttamente al problema fondamentale della nostra politica estera: se non contiamo in Europa non possiamo nemmeno avere una politica estera, a meno che qualcuno non pensi al diabolico disegno di usare gli americani o farci usare dagli americani per scardinare le prospettive di un’Unione Europea capace di giocare un ruolo attivo nella politica e nell’economia mondiale. Non mi sento di escludere che questa tentazione alberghi in qualche corridoio dell’amministrazione Trump, tentazione che può trasformarsi in azione se Francia e Germania non si rendono conto che, approfittare delle debolezze politiche d’Italia e di Spagna per poi scontrarsi fra di loro in una lotta egemonica, porterebbe solo all’emarginazione di entrambi i paesi. Da quanto si legge nei media e nel rapporto di un nutrito gruppo di influenti economisti tedeschi, il sud dell’Europa è visto sempre più con evidente fastidio, come un peso che impedisce alla Germania di volare. A sua volta la Francia lancia segnali di amicizia ai nuovi governanti italiani ma, per evidenti motivi di politica interna, non pensa nemmeno lontanamente di accogliere uno solo dei migranti che arrivano a noi dall’Africa. 


Affermare i nostri interessi in questa complessa situazione internazionale e in presenza di non trascurabili differenze fra le due principali componenti governative sarà certo un compito complicato, anche perché (elemento non trascurabile) l’aumento del bilancio della difesa, necessario per raggiungere questi obiettivi, non sarà certo facile da essere messo in atto. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero