Città del Vaticano – Non usa troppi giri di parole. «Mafiosi e corrotti non possono dirsi cristiani: portano...
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possono dirsi cristiani: portano la morte nell’anima e agli altri, hanno il cuore pieno di putredine». All’udienza generale Papa Bergoglio torna a scagliarsi contro un male endemico spesso al centro di denunce da parte dei vescovi del Sud. In vista della Pasqua a piazza san Pietro riflette con i fedeli sulla capacità del cristiano di convertirsi e di pentirsi. Cosa che, invece, non riescono a fare i mafiosi che «non sono capaci di cambiare vita anche se continuano a proclamarsi cristiani. La Pasqua è proprio la festa che consente la possibilità di rinnovarsi».
Il potere malvagio della mafia è stato protagonista di omelie e discorsi importanti da parte del Papa. Alla Piana di Sibari, in Calabria, per esempio, o davanti alle associazioni che combattono l’illegalità come Libera. Qualche mese ha ricevuto in Vaticano i membri della Direzione Nazionale Antimafia e in quella occasione ha denunciato il denaro degli affari sporchi e dei delitti mafiosi che è denaro insanguinato e produce un potere iniquo».
Ha anche definito la mafia, « espressione di una cultura di morte, è da osteggiare e da combattere» e «si oppone al Vangelo». Parole, quelle di papa Francesco, che evocano l'invettiva di Giovanni Paolo II, «convertitevi verrà il giudizio di Dio» ad Agrigento il 9 maggio 1993, e la scomunica pronunciata dallo stesso Bergoglio nel suo viaggio in Calabria il 21 giugno 2014.
La mafia, ha ricordato, si oppone radicalmente alla fede e al Vangelo ribadendo che «il fenomeno mafioso, quale espressione di una cultura di morte, è da osteggiare e da combattere». Mafia, camorra e 'ndrangheta, ha ricordato, «sfruttando carenze economiche, sociali e politiche, trovano un terreno fertile per realizzare i loro deplorevoli progetti». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero