La disperazione di mamma Tonina: «Aveva scoperto qualcosa»

La disperazione di mamma Tonina: «Aveva scoperto qualcosa»
dal nostro inviato Nino Cirillo CESENATICO - Mamma Tonina, una volta maestra di piadine, forse non lo sa. Ma...

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dal nostro inviato

Nino Cirillo


CESENATICO - Mamma Tonina, una volta maestra di piadine, forse non lo sa. Ma l’appartamento D5 del residence Le Rose -lo sfondarono la sera del 14 febbraio di dieci anni fa, e Marco Pantani era già morto- fa maledettamente il paio con il casotto di Mapello, che conservava le ultime tracce tangibili di Yara Gambirasio: anche questo è stato demolito. E’ scomparso alla vista degli umani, se ne può solo serbare un amaro ricordo.







«ME LO HANNO AMMAZZATO»

A che aggrapparsi allora? A cosa stringersi proprio adesso che la macchina s’è rimessa in moto, che la giustizia lampeggia, che fa intravedere un’altra verità? Mamma Tonina lo sa, è lei che conduce la danza: «Me l’hanno ammazzato, aveva scoperto qualcosa». È quello che tutta Cesenatico voleva sentirle dire, che anzi, ha aspettato dieci anni per poter ascoltare quelle parole. In un tripudio di date, per giunta: perché giusto il 2 di agosto di sedici anni fa Marco varcò vestito di giallo la soglia dei Campi Elisi, vincitore del Tour de France, perché giusto qualche ora fa «c’è stata una notte gialla e non era per lui», come ha scritto Tonina. E infatti era per Vincenzino Nibali, un campione che più lontano da Marco non si può. Sarebbe grave, però, non cogliere le tracce di questo dolore asciutto, di questa perdita che la gente di Cesenatico considera ingiusta e incolmabile. Ma come misurarlo? Nei 10.500 «mi piace» che ha collezionato mamma Tonina semplicemente scrivendo «vi do la notizia» della riapertura dell’inchiesta, oppure considerando che Pantani con l’hashtag si è imposto subito fra i trending topic italiani della giornata? Oppure ancora, scartando tutto questo, affidandosi alle parole del vicesindaco Vittorio Salvini, che si considera il maestro del Pirata e che quindi ha buon titolo nel dire: «Ridiamo la dignità prima all’uomo e poi al campione. Merita di riposare in pace»? È uno di quei giorni in cui le parafrasi straripano. All’improvviso, ad esempio, son diventati tutti «gregari» di Pantani, tutti portatori di borraccia. Mamma Tonina per prima che anzi, ad ascoltare facebook, «ha vinto un’altra tappa per Marco». Oppure il consulente medico legale, una figura chiave per questa riapertura dell’inchiesta -il professor Francesco Maria Avato- che dice di considerarsi anche lui «solo un gregario».



LE PAROLE DI MARCO


Ed è un giallo vero, con tutto il rispetto per la maglia giallo che Pantani pure indossò. Perché come dare un volto a quelli che «mi stanno dando fastidio», proprio l’ultimo giorno della sua vita, come immaginarseli, questi esecutori di un omicidio così abilmente programmato? Si leggono e si rileggono le dichiarazioni rese a verbale da Lucia D., una delle cameriera del residence, eppure non se ne esce. Il resto, purtroppo, è folklore. C’è un Pantani in cartapesta, ad esempio, che continua a pedalare giorno e notte al museo che hanno aperto proprio accanto alla stazione ferroviaria, per chiamarlo pomposamente «Spazio Pantani». C’è il cimitero, poi, con tutto un percorso guidato per arrivare proprio a lui. E c’è anche, sul corso, lo striscione del Caffè dei Pini, con su scritto «Club magico Pantani», per scoprire che il club c’era una volta, che adesso tutto è cambiato. È il tempo che non perdona, e forse neppure lui, neppure Marco Pantani. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero