MILANO Come in un giallo di Hercule Poirot, la verità non è mai ciò che sembra. Amalia Villa, 85 anni, e la figlia Marinella Ronchi, 52 anni, sono state...
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NESSUNA FERITA
E proprio come in un libro di Agatha Christie, pareva esserci l’assassino con la pistola fumante: Paolino Villa, che dopo aver ucciso le due donne ha rimosso il problema chiudendole in una stanza. Così l’ex assessore di cui tutti dicono un gran bene, raccontando anche di un suo disagio esistenziale e di una passione per lo spritz al bar, finisce in carcere con l’accusa di duplice omicidio. Però man mano che l’inchiesta dei carabinieri di Vimercate avanza, le certezze vengono meno. Dai primi esiti delle autopsie che i medici legali stanno eseguendo emergerebbe una verità diversa e da accertare. Sul corpo di Amalia Villa, che soffriva di varie patologie tra cui un forte diabete, non sono state rinvenute ferite di alcun genere, su quello della figlia solo una ferita al polso giudicata dagli esperti non necessariamente determinante per il suo decesso. Inoltre l’ispezione disposta dal pm monzese Emma Gambardella sull’indagato ha escluso segni di eventuale resistenza delle due donne a un’aggressione o di una colluttazione. Dunque si fanno strada altre ipotesi: la madre è morta e Marinella, legata a lei da un rapporto simbiotico, ha deciso di uccidersi per la disperazione? Oppure è stata la figlia, fortemente depressa dopo una storia d’amore fallimentare, a decidere di farla finita uccidendo la madre e poi suicidandosi? Gli inquirenti attendono i risultati degli esami tossicologici e istologici e spiegano che qualsiasi scenario è prematuro. Resta infatti da chiarire anche la questione delle tracce di sangue, in parte ripulito, ritrovate nell’abitazione e su alcuni vestiti trovati in lavatrice.
BLACK OUT NELL’INTERROGATORIO
Per questo Paolo Villa resta in cella, mentre il suo legale, l’avvocato Maura Traversi, ha presentato ricorso al tribunale del riesame contro la custodia cautelare.
Il Messaggero