Libia, Onu: no a elezioni nel 2018. Passa la linea italiana

Libia, Onu: no a elezioni nel 2018. Passa la linea italiana
È una brutta sconfitta per la diplomazia francese, che infatti nelle dichiarazioni ufficiali tiene il punto, e un discreto risultato per quella italiana. Ieri, il Consiglio...

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È una brutta sconfitta per la diplomazia francese, che infatti nelle dichiarazioni ufficiali tiene il punto, e un discreto risultato per quella italiana. Ieri, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha prolungato la missione in Libia per un altro anno e non ha approvato la data del 10 dicembre per le elezioni, come indicato nel vertice di Parigi di 4 mesi fa. Il Consiglio ha, invece, approvato una bozza di risoluzione presentata dal Regno Unito per tenere le elezioni presidenziali «il più presto possibile a patto che siano garantite le necessarie condizioni di sicurezza, tecniche, legislative e politiche».


IL RUOLO ITALIANO
La Francia, a favore del mantenimento della data del 10 dicembre, si è dovuta scontrare con l'opposizione degli Stati Uniti. Formalmente tiene il punto, ma l'arretramento è evidente e potrebbe mettere in discussione anche il ruolo del generale Khalifa Haftar che guida il gruppi che si riconoscono nel parlamento di Tobruk. Il militare ha da tempo stretto un asse in particolare con la Francia e si era impegnato a rispettare la scadenza di dicembre. Proprio dalla discussione sulla data delle elezioni e dalla prudenza dell'ambasciatore italiano Giuseppe Perrone, che in una recente intervista aveva dichiarato che sulla data delle elezioni andrà cercata una intesa comune, era nata l'ostilità nei suoi confronti proprio di Haftar che lo ha definito «persona non gradita». Proprio dopo quei fatti, da parte del governo italiano è partito un lento avvicinamento ad Haftar che ora, anche per il voto Onu, potrebbe stopparsi. Due giorni fa, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi ha spiegato in parlamento che Perrone, per il momento, non sarebbe tornato a Tripoli «per motivi di sicurezza, dovuti alle sue recenti dichiarazioni».

Una mossa, immediatamente successiva all'incontro tra il titolare della Farnesina e Haftar, che in molti avevano letto come un segnale di avvicinamento al generale libico. Ieri, dopo il voto Onu, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha frenato sulla data delle elezioni (e dunque sui rapporti con Haftar) riallineando l'Italia alla posizione del Palazzo di Vetro: ««Io credo che a decidere la data delle elezioni debbano essere i libici. Né la Francia, né l'Italia, ma i libici. Il popolo libico deve poter decidere il suo futuro in libertà e in questo senso il nostro governo vuole dare loro il massimo supporto. L'obiettivo è la stabilità dell'area e le pressioni non fanno bene», ha detto.

PARIGI
La posizione del governo Macron al momento restala stessa, anche se Parigi non può opporsi formalmente alla decisione del consiglio di sicurezza: «La Francia continuerà, insieme ai suoi partner, a sostenere gli sforzi delle autorità libiche e dell'Onu per garantire la continuazione del processo politico ed in particolare assicurare le condizioni per lo svolgimento delle elezioni entro la fine dell'anno», ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri francese: «La Francia - ha detto - è convinta che l'unico modo per assicurare la stabilizzazione a lungo termine della Libia sia attraverso una soluzione politica, sotto l'autorità dell'Onu».

IL RUOLO DI HAFTAR

Anche Haftar continua a muovere i suoi passi. Il parlamento di Tobruk ha approvato la legge che dovrebbe portare a svolgere l'atteso referendum costituzionale, prodromico alle elezioni. «Un voto sulla legge sul referendum» viene segnalato dal sito Alwasat citando un deputato, El Hadi el Saghir. Il parlamentare ha sottolineato che la camera dei rappresentanti «si riunirà lunedì prossimo per modificare la dichiarazione costituzionale», aggiunge il sito. L'approvazione definitiva dovrebbe avvenire dopo il voto sulla modifica delle circoscrizioni elettorali e il riconoscimento della attuale «tripartizione» della Libia. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero