Nel 2009 era arrivato alla Casa Bianca come l'uomo del cambiamento e della speranza. Sette anni dopo Barack Obama mette i concetti di 'changè e 'hopè al...
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A non credere a chi per fermare i progressi in campo economico, sociale e dei diritti civili diffonde nel Paese ansie, timori, insicurezza. L'affondo è nei confronti dei repubblicani, che il prossimo novembre tenteranno di riconquistare la Casa Bianca. Ma quello di Obama non è un messaggio che divide. Anzi, i toni sono pacati, distesi, seppur appassionati. E mettono in chiaro che con un Paese diviso («il mio più grande rammarico», ammette) è difficile completare e raggiungere i progressi necessari: dalla lotta ai cambiamenti climatici alla stretta sulle armi, dalla riforma sull'immigrazione alla lotta alle ineguaglianze sociali e e sul fronte del reddito. Tra gli ospiti che siedono in tribuna nell'aula della Camera dei rappresentanti, dove il Congresso è riunito in seduta plenaria, ci sono alcuni simboli di quelle battaglie che costituiscono gran parte dell'eredità del primo presidente afroamericano della storia: un rifugiato siriano, un ex immigrato clandestino, la persona a cui si deve la svolta sulla legalizzazione delle nozze gay, una veterana del Vietnam che era rimasta senza una casa. E c'è anche una sedia vuota per ricordare le vittime delle armi da fuoco, una piaga in America.
Di fronte a tale pubblico Obama fa una promessa: finchè sarà alla Casa Bianca si batterà ricorrendo a tutti quei poteri che rientrano nelle sue prerogative. E al Congresso a maggioranza repubblicana tende la mano sottolineando come ci sono ancora temi bipartisan e di buon senso su cui un accordo può essere raggiunto, vedi la riforma della giustizia penale. «Che ci piaccia o no i cambiamenti in atto non potranno che accelerare», dice Obama, sottolineando come stavolta il suo discorso non è una lista delle cose da fare nell'anno a venire, ma «un discorso sul futuro, sui prossimi 10 anni». E cita anche Papa Francesco, ricordando le parole che il Pontefice pronunciò proprio davanti al Congresso lo scorso settembre: «Imitare l'odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore per prendere il loro posto». Così - ha aggiunto Obama - «quando i politici insultano i musulmani questo non ci rende più sicuri. È solamente sbagliato. Ci sminuisce agli occhi del mondo e rende più difficile raggiungere i nostri obiettivi. E tradisce quello che siamo come Paese». Anche qui un riferimento neanche tanto velato a Donald Trump e alla sua proposta shock di vietare l'ingresso dei musulmani negli Usa e di chiudere le moschee. Obama replica quindi a chi descrive l'America come un Paese in declino dal punto di vista economico e senza leadership sul fronte della politica estera.
Parla di «venditori di fumo», e rivendica i risultati raggiunti dopo la grande crisi sul fronte della crescita e dell'occupazione.
Il Messaggero