L'incubo elezioni/ La ricreazione è finita, partiti senza alibi

L'incubo elezioni/ La ricreazione è finita, partiti senza alibi
Anche l’ultima offerta di Di Maio sembra sia stata respinta. E non poteva che essere cosi. Il compromesso è infatti sempre difficile quando i partecipanti si muovono...

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Anche l’ultima offerta di Di Maio sembra sia stata respinta. E non poteva che essere cosi. Il compromesso è infatti sempre difficile quando i partecipanti si muovono nelle logica a somma zero: uno dei giocatori guadagna tutto e gli altri perdono. E’ una della conseguenze della mentalità maggioritaria, che divide il mondo i vincitori e vinti, immersa però in un sistema proporzionale: in cui non ci sono mai o quasi mai veri trionfatori o veri sconfitti. 


A muoversi nella logica a somma zero è soprattutto il M5S. Che, per storia e formazione, manifesta un’attitudine quasi di carattere rivoluzionario: o salgo al potere prendendo tutto oppure abbandono il campo da gioco. Le richieste di Di Maio, prima alla Lega, poi al Pd, hanno infatti sempre obbedito a una logica a somma zero. A Salvini chiedendo di rompere un’alleanza e quindi di assumere un ruolo ancillare nel governo, al Pd di epurare Renzi, non più segretario ma di fatto a capo della maggioranza del gruppo dirigente e di quello parlamentare. Anche ieri Di Maio a Salvini, pur rinunciando alla pregiudiziale sulla guida del governo, non ha fatto cadere l’altra condizione: quella di abbandonare Berlusconi, proprio nel momento in cui l’alleanza di centro-destra è uscita vincitrice in due elezioni regionali e nei sondaggi sfiora il 40%. 

Tanto che c’è da chiedersi se, più che un’ultima offerta, non sia stato un primo passo di campagna elettorale. Che sarebbe condotta con toni radicali, come dimostrano le parole ambigue e non certo rassicuranti del capo politico dei 5 stelle sui rischi per la democrazia nel caso non andassero al governo. E’ vero che la democrazia rappresentativa è in difficoltà: ma i politici lascino agli studiosi le diagnosi, e pensino a evitare un acuirsi della sua crisi, invece di proferire affermazioni che possono essere interpretate come larvate minacce. La seconda ragione per cui la mossa di Di Maio appare un’anticipazione di campagna elettorale sta nel fatto che ora i 5 stelle potranno accusare Salvini di irresponsabilità, per non aver accettato la loro generosa offerta.

In un mondo ideale l’offerta grillina avrebbe potuto persino essere presa in considerazione, senza spaccare il centro-destra: un governo politico 5 stelle-Lega, con appoggio esterno di Forza Italia e suoi ministri d’area. Una misura razionale, per certi versi. Però in politica i sentimenti e le passioni contano, eccome. E Berlusconi non può accettare alcun passo di lato. Mettetevi nei suoi panni: il centro-destra lo fondò lui, nel lontano 1994, e ne è stato il capo più o meno incontrastato per anni. Con molte ragioni può pensare di essere ancora una risorsa centrale, e poi la considerazione di sé è nota (ma trovate un politico che abbia l’ego di un monaco buddista).

Quindi il Cav. non può accettare nessuna soluzione che lo releghi in una soffitta, sia pur dorata, mentre Salvini continua a non avere alcun interesse a rompere un’alleanza che sta crescendo nel paese e che lo vede, al suo interno, in una posizione di ancora maggior forza rispetto al 4 marzo. Era perciò prevedibile la reazione negativa del centro-destra che, recandosi oggi al Quirinale a chiedere di formare il governo senza però possedere numeri certi, aprirà probabilmente la strada a un esecutivo di tregua. I 5 stelle hanno già detto di no. Ma tra le varie ipotesi che circolano, v’è quella di un governo guidato dalla presidente del Senato. Una soluzione istituzionale ma che verrebbe incontro alla coalizione con il maggior numero di parlamentari, con cui Alberti Casellati è stata eletta.


A quel punto sarebbe più difficile ai 5 stelle, che la Casellati l’hanno votata, sfilarsi o scegliere un’opposizione barricadera. Certo ciò richiederebbe ai 5 stelle di abbandonare la logica del gioco a somma zero. Dalla giornata di ieri sembra quindi emergere questa sensazione: che la ricreazione sia finita e che i partiti non abbiano più alibi. Se però dovesse fallire anche il governo di tregua, la campagna elettorale sarà dominata dallo scontro tra centro-destra a egemonia leghista e M5 stelle. Con il Pd, o per meglio dire i suoi elettori, possibile terreno di conquista dei grillini. Da cui potrebbe uscire un risultato diverso rispetto al 4 marzo, e non necessariamente a favore del centro-destra. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero