Che cosa unisce i destini di due personaggi del calibro di Ciro Mazzarella e Gennaro Rinaldi? Non soltanto la storica distanza siderale negli equilibri delinquenziali: l’uno...
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Tutto bene? Niente affatto. Il ritorno su piazza di due personalità forti che hanno scritto capitoli nell’enciclopedia delle cronache giudiziarie all’ombra del Vesuvio preoccupa - e non poco - polizia e carabinieri. Caratteri differenti e storie giudiziarie diverse. Ma il rientro alla base dei due rischia - questo indicano alcune informative stilate dalle forze dell’ordine - di riaprire vecchi fronti di guerra e nuove, possibili faide.
I Mazzarella e i Rinaldi sono nemici giurati. I rispettivi clan si contendono da anni ampie fette di territorio che equivalgono al controllo di business rilevantissimi. Droga ed estorsioni sono il lievito che alimenta i rispettivi business. Ma nei dossier delle forze dell’ordine che segnalano la spia rossa di possibili nuove frizioni tra bande rivali compare anche un terzo nome: quello di Ciro Mazzarella junior, figlio di Gennaro, 57enne che ha appena scontato a sua volta la pena ed è tornato a casa.
Quali sono ora i rischi? Se lo chiedono gli investigatori, che tengono sotto controllo questa delicata fase di transizione caratterizzata da una fase di transizione e di incertezze presenti e future. Decimati i clan storici dalle iniziative giudiziarie, neutralizzati alcuni gruppi di camorra dalle guerre che si sono succedute negli ultimi anni, la voracità dei clan emergenti o comunque ricostituitisi grazie a vecchie e nuove leve impone cautela e attenzione.
Ecco perché le scarcerazioni «eccellenti» tengono sul chi-va-là polizia e carabinieri. Poi ci sono i segnali. Forieri, a quanto pare, di sviluppi che potrebbero trasformarsi in inquietudini criminali. La zona del Mercato pare diventare il terreno di un possibile scontro tra due gruppi storicamente rivali. Non a caso è proprio in quell’area che - nelle scorse settimane - si sono verificati due inquietanti episodi. Due raid. Due agguati a colpi di pistola che non possono rientrare nella categoria delle «stese» ma inquadrati in veri e propri atti intimidatori.
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Il Messaggero