Una sola giornata per dire no alla pratica aberrante delle mutilazioni genitali femminili, forse, non basta. Ma quella del 6 febbraio è una data simbolica perchè si...
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Una vera e propria barbarie che viene perpetrata soprattutto nei paesi dell'Africa sub-sahariana. Ma non solo. Accade anche nel nostro Paese dove l’abitudine viene tramandata di madre in figlia. Secondo dati stimati che risalgono al 2009, non ancora aggiornati, sarebbero oltre 35mila le vittime di circoncisione femminile in Italia che le fanno tristemente conquistare il quarto posto in Europa, dopo Gran Bretagna, Francia e Svezia. Le presenze più massicce si registravano in Lombardia Veneto Emilia Romagna Lazio e Piemonte Un altro studio, diffuso nel 2012 indicava circa 8 mila bambine a rischio. Da noi esiste la legge 7 del 2006 che prevede il carcere da 3 a 16 anni per chi pratichi il “taglio”ma le denunce non arrivano. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione sulla messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili e da Paesi si sono alzate le voci per cercare di eliminare questa odiosa pratica. Nel 2015 il presidente nigeriano Goodluck Jonathan ha anche istituito il reato di mutilazione genitale femminile con una pena di 4 anni di carcere e una multa di 900 euro.
Di iniziative, incontri, petizioni ne sono state fatte tante. Ma non bastano. Per la Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili del 6 febbraio il dipartimento per le Pari opportunità pubblicherà sul sito tutte le iniziative finanziate fino a oggi. Oltre alle pene la legge prevede anche 5 milioni di euro l’anno per indagini, campagne informative e corsi di formazione per insegnanti e mediatori. Con la spending review però i finanziamenti sono stati ridotti. “Tagliati”, drasticamente. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero