Montenegro al voto, Djucanovic favorito: si sceglie tra alleanza euroatlantica e Russia

Milo Djucanovic (foto Ap)
PODGORICA - Il faccione di Milo Djukanovic, al potere da un quarto di secolo in Montenegro, campeggia ovunque sui manifesti nelle strade della capitale, la vecchia Titograd. Lo...

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PODGORICA - Il faccione di Milo Djukanovic, al potere da un quarto di secolo in Montenegro, campeggia ovunque sui manifesti nelle strade della capitale, la vecchia Titograd. Lo slogan è «Sigurnim korakom», che suona come «un passo fermo avanti». Oggi si vota per eleggere il nuovo Parlamento e il premier e leader del Partito democratico dei socialisti (Dps), 54 anni, accusato dagli oppositori di gestire il paese come un suo feudo personale, in passato sostenuto anche da Silvio Berlusconi, è ancora una volta il favorito.


 

«Nessuno si aspetta cambiamenti sostanziali - afferma Tea Gorjanc Prelevic, direttore dell’organizzazione non governativa Human right action -. Il nostro è un sistema fortemente corrotto e ogni cambiamento sarebbe salutare – aggiunge parlando al Karver Bookstore di Podgorica, antico bagno turco trasformato in libreria, bar e centro culturale -. Ma non credo che l’opposizione possa vincere, spero solo che abbia il potere di condizionare il governo».

Piccola ex repubblica jugoslava affacciata sull’Adriatico, indipendente dalla Serbia dal 2006, poco più di 600mila abitanti, il Montenegro nel 2017 dovrebbe aderire alla Nato e nei anni prossimi spera di entrare anche in Europa. L’approdo nell’Alleanza, fortemente voluto da Djukanovic, che la vede come una garanzia di stabilità e di immutabilità dei confini, viene osteggiato dalla Russia. Ma anche fra i montenegrini la Nato non gode di troppa simpatia. Ancora vivo il ricordo delle bombe sulla Serbia di 17 anni fa, quando Podgorica era unita a Belgrado.

Più favorevole invece l’atteggiamento verso l’Europa. Bruxelles considera il Montenegro il frontrunner fra i paesi balcanici che sperano di entrare nell’Unione, davanti a Serbia, Albania, Macedonia, Bosnia e Kosovo. Una data per l’ingresso ancora non c’è, ma i negoziati procedono. Anche se - spiega Aivo Orav, capo delegazione dell’Ue a Podgorica - progressi restano ancora da fare soprattutto su stato di diritto, pubblica amministrazione, ambiente e lotta alla corruzione.

Per Djucanovic dunque l’alternativa per cittadini è chiara: confermare la rotta euroatlantica del Montenegro o diventare una colonia russa. Una scelta che però potrebbe indebolire il consenso del premier a favore dei partiti di opposizione che guardano a est e a Mosca. Secondo gli ultimi sondaggi il Dps infatti non dovrebbe conquistare la maggioranza assoluta in Parlamento, fermandosi fra il 40% e il 43% dei voti, mentre i due blocchi dell’opposizione – il Fronte democratico e il raggruppamento ribattezzato la chiave – sono sul 15%. Uno scenario che se confermato costringerebbe Djucanovic, oggi di fronte alla sfida più difficile della sua carriera dopo il referendum vinto di un soffio 10 anni fa per staccarsi dalla Serbia, a governare con i partiti delle minoranze (bosniaca, albanese e croata).


Twitter @jacorsini
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Il Messaggero