Milano, madre morta all'ottavo mese: indagata l'ostetrica

Un reparto di ostetricia
Il gip di Milano Laura Marchiondelli ha disposto l'imputazione coatta per un medico e un'ostetrica dalla clinica "San Pio X" di Milano accusati di omicidio...

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Il gip di Milano Laura Marchiondelli ha disposto l'imputazione coatta per un medico e un'ostetrica dalla clinica "San Pio X" di Milano accusati di omicidio colposo e aborto colposo in relazione al caso di una donna 40enne incinta all'ottavo mese morta, insieme con il feto che portava in grembo, nove ore dopo essere stata dimessa dalla struttura, dove si era recata per dolori addominali il 17 ottobre del 2015. La Procura di Milano per i due indagati aveva chiesto l'archiviazione, ma ora entro dieci giorni dovrà formulare la richiesta di processo. Per altri tre medici, invece, il giudice ha accolto la richiesta di archiviazione. Nell'ordinare l'imputazione per gli altri due, il gip spiega che le dimissioni della donna furono «improvvide», perché la paziente doveva essere quantomeno trattenuta «in osservazione». Dall'indagine era emersa anche la «sparizione» di un'ecografia per la quale è stato anche aperto un fascicolo di indagine "parallelo", senza però che gli inquirenti siano riusciti ad individuare l'autore.


Per il gip, che ha respinto la richiesta di archiviazione del pm Maura Ripamonti per un medico di guardia della clinica e per l'ostetrica, il «quadro clinico» avrebbe dovuto indurre «i sanitari a trattenere quantomeno in osservazione la paziente, condotta che avrebbe consentito loro di intervenire tempestivamente e adeguatamente per contrastare la rottura dell'utero in corso, evitando in tal modo la morte della donna e del suo bambino». La condotta dei due, dunque, è stata «gravemente imperita e imprudente» dato che la rottura dell'utero era già in corso per il «persistere di forti dolori addominali».


Dagli atti dell'indagine, scrive ancora il gip, emergono infatti elementi che fanno ritenere che la donna «durante la degenza abbia continuato a lamentare allarmanti dolori addominali e mostrasse sudorazione e colorito cianotico», come raccontato dal marito (la sua denuncia ha fatto scattare l'indagine). «La persistenza dei dolori - spiega il gip - avrebbe dovuto indurre i medici che avevano in cura la gestante a prendere in considerazione la possibilità che la donna (...) avesse in corso la rottura dell'utero, che poi ne ha effettivamente determinato il decesso». Archiviate, invece, le posizioni di un medico di famiglia e di due medici dell'ospedale Niguarda che tentarono un cesareo d'urgenza e disperate manovre rianimatorie per salvare la donna. Nel provvedimento, infine, il gip fa riferimento anche a quell'ecografia "sparita", chiarendo che «la volontaria soppressione del tracciato ecografico è un elemento fortemente indiziario del fatto che un più attento esame dell'ecografia avrebbe potuto diagnosticare tempestivamente la rottura dell'utero». Ora toccherà ad un gup, dopo la richiesta di processo, decidere se mandare a giudizio il medico e l'ostetrica.
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Il Messaggero