Un fascicolo per offese al prestigio e all'onore del presidente della Repubblica era già stato aperto nei giorni scorsi. Pena prevista: da uno a cinque anni. Oltre a...
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Lo scorso 23 maggio, in piena trattativa, quando il capo dello Stato aveva già incaricato Giuseppe Conte, Vittorio Di Battista aveva scritto un post, poi censurato da Facebook, senza mai citare esplicitamente Mattarella: «È il papà di tutti noi. È quello che si preoccupa di varare un governo. È quello che ha avallato la legge elettorale che impedisce di varare un governo. Poveretto, quanto lo capisco». E ancora: «Per questo mi permetto di dargli un consiglio a costo zero. Vada a rileggere le vicende della Bastiglia, ma quelle successive alla presa». Il post era stato pubblicato quasi in contemporanea a quello del figlio, che contestava Mattarella con toni moderati. E si concludeva in modo ancora più polemico: «Quando il Popolo di Parigi assaltò e distrusse quel gran palazzone, simbolo della perfidia del potere, rimasero gli enormi cumoli di macerie che, vendute successivamente, arricchirono un mastro di provincia. Ecco, il Quirinale è più di una Bastiglia, ha quadri, arazzi, tappeti e statue, Se il popolo incazzato dovesse assaltarlo, altro che mattoni. Arricchirebbe di democrazia questo povero paese e ridarebbe fiato alle finanze stremate». Il post era stato rimosso da Facebook e, subito dopo, Di Battista senior si era giustificato con amici e follower dicendo che non era sua intenzione fare marcia indietro.
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Il Messaggero