La popolazione ingrassa, e anche i manichini per i crash-test negli Usa diventano obesi

La popolazione ingrassa, e anche i manichini per i crash-test negli Usa diventano obesi
Da almeno quarant’anni le case automobilistiche perfezionano la sicurezza delle proprie vetture usando i manichini da crash test. ...

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Da almeno quarant’anni le case automobilistiche perfezionano la sicurezza delle proprie vetture usando i manichini da crash test.




Questi simulacri umani però non corrispondono più alla stazza e al profilo degli automobilisti in carne ed ossa, per lo meno non a quelli americani. Con l’obesità crescente e l’aumento degli automobilisti anziani, le “dummies” tradizionali - che immaginano un uomo di 77 chili per 1 metro e 68 di altezza e una donna di 50 chili per 1 metro e 52 - non possono più garantire risultati validi per tutti. Ecco dunque arrivare i manichini obesi e i manichini anziani. I primi sono bell’e pronti a la casa produttrice Humanetics li ha presentati al pubblico in questi giorni. I secondi arriveranno nel 2015.



Il nuovo manichino da test pesa 123 chili, e quindi, per la sua altezza, rientra nella categoria degli obesi. A questo pupazzo spetta il compito di cominciare a salvare le vite degli automobilisti più a rischio. Le statistiche della strada sono infatti spaventose: chi è grasso ha un 78 per cento di probabilità in più di morire in un incidente automobilistico serio, rispetto a chi vanti un peso normale. Le air-bags, le cinture di sicurezza, la stessa posizione del volante e tante altre misure di sicurezza adottate nelle auto non sono programmate per proteggere la vita degli obesi. Peraltro, non rispondono neanche alla maggiore fragilità del corpo delle persone anziane.



Le “crash test dummies” sono arrivate nell’industria automobilistica negli anni Settanta. Le inventò la General Motors, che poi le condivise anche con le case rivali. Prima di allora si erano usati pupazzi di cartone e paglia, cadaveri umani o animali. E quei test contribuirono a migliorare grandemente la sicurezza delle auto, che nei primi anni dell’industria era bassissima.



Ma i cadaveri donati alla scienza e quindi disponibili erano pochi, e in genere quasi sempre di uomini bianchi. I corpi delle donne e dei bambini scarseggiavano, e la società non approvava che venissero usati per simili esperimenti. E quanto all’utilizzazione, in alternativa, di animali vivi (seppure anestetizzati), l’indignazione dell’opinione pubblica divenne insormontabile, e all’inizio degli anni Novanta anche i maiali furono lasciati in pace. E invece comparvero le dummies.



I calcoli statistici confermano che milioni di vite sono state salvate grazie ai test sui manichini. Questi pupazzi umanoidi di gomma e metallo, ricoperti di sensori, sono oramai “specializzati” in decine di aspetti: collisioni frontali, laterali, tamponamenti. Ogni dummy costa circa 500 mila dollari, ma può essere aggiustata e riassemblata dopo ogni test e incidente per quanto catastrofico.



Se oggi le auto sono diventate mille volte più sicure di quelle che guidavano i nostri genitori e i nostri nonni, in buona parte lo dobbiamo a questi pupazzi. Ma la loro missione è destinata a continuare ancora a lungo: collegati a computer sofisticatissimi, ci danno risultati sempre più precisi e utili, e presto li forniranno anche per proteggere milioni di automobilisti sovrappeso, e di over-70. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero