Quattrocentomila, secondo i dati dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni, forse anche molti di più. Sono stipati nei Centri di detenzione sparsi sul...
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Così che ieri l'ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, si è recato dal presidente Fayez al Serraj per chiedere di intensificare i controlli e sollecitare il rispetto degli impegni presi. Il ministro Matteo Salvini sa quanto il dossier libico sia insidioso e andrà presto nel paese del Nord Africa per confermare gli accordi. Ma, nel frattempo, quello che preoccupa i nostri 007 è l'instabilità: la Libia è praticamente in anarchia. L'incontro avvenuto di recente a Parigi, sotto la regia del presidente Macron, non è servito a fare alcun passo avanti nelle trattative. Anzi, sembra aver complicato ulteriormente i rapporti.
LE MILIZIE
In questo scenario i trafficanti di uomini si muovono con grande disinvoltura. Zawiya e Sabratha sono praticamente controllate dai militari che stanno cercando di fronteggiare le milizie presenti nell'area. Ed è a causa degli scontri continui che i migranti sono stati raggruppati e ricollocati in località diverse. Racconta uno dei libici sbarcato a Pozzallo qualche mese fa: «Zawiah, Al Mayah, sono sotto al controllo di una milizia denominata Supportwat, che si contrappone alla milizia di Al Qasab. Nell'area di Zawiya operano 4 milizie, la più importante è di Al Qasab (soprannome di Mohamed Kheshlaf) che ha anche il controllo della raffineria di Zawiya, nonché della prigione nella quale vengono messi i migranti fermati in mare o riportati a riva forzosamente». Nella stessa area opera Walid Kshlaf, un ex avvocato noto nella zona come contrabbandiere di armi.
La testimonianza raccolta dalla Digos è servita per capire quali porti alternativi avrebbero scelto: «Non più Zawiya e Sabratha, ma Al Mayah e Al Mutrad».
Nel frattempo è intervenuta anche l'Onu. Con una risoluzione proposta dall'Olanda e appoggiata da Francia, Germania, Gran Bretagna e Usa, il comitato per le sanzioni alla Libia ha per la prima volta colpito i sei principali capi del traffico di esseri umani congelando i conti correnti bancari a loro riconducibili e impedendone gli spostamenti. Tutti pesci grossi, quattro libici e due eritrei.
I CORROTTI
Tra questi, uno imbarazza più degli altri: il capo della Guardia costiera, finanziata anche con i fondi dell'Ue, Abd Al-Rahman Al-Milad. Viene accusato di aver affondato barconi carichi di persone che doveva salvare. Avrebbe portato anche i profughi nel famigerato centro di al-Nasr dove sparivano.
Altro boss è Ahmed Al-Dabbashi, comanda le brigate Anas al-Dabbashi, operava a Sabratha. Mentre una vecchia conoscenza della magistratura italiana è l'inafferrabile eritreo-etiope Ermias Ghermay, che ha sulla coscienza il naufragio del 3 ottobre costato 368 morti.
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Il Messaggero