Isis, nuovo video choc: prigioniero crocifisso e mutilato di una mano e di un piede

Isis, nuovo video choc: prigioniero crocifisso e mutilato di una mano e di un piede
Un nuovo video, un'altra barbarie che il sedicente Stato Islamico ha diffuso in Rete. Un prigioniero, vestito con una tuta arancione in stile Guantanamo, viene legato a una...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Un nuovo video, un'altra barbarie che il sedicente Stato Islamico ha diffuso in Rete. Un prigioniero, vestito con una tuta arancione in stile Guantanamo, viene legato a una croce, mentre un boia armato di sciabola gli taglia una mano e un piede.




Alla fine del video, che dura circa quattro minuti, si vede il cadavere dell'uomo, appeso senza vita in mezzo al deserto.





Secondo la folle abitudine dell'Isis, il filmato inizia con una "confessione" dell'uomo, che viene accusato di essere una spia. Il video, intitolato "Scoraggiare le spie 1", è stato rimosso da YouTube per l'eccessiva violenza delle immagini.



Prima dell'esecuzione del prigioniero, un militante dell'Isis nel filmato nomina altri quattro detenuti dello Stato Islamico accusati di spionaggio e che devono ancora essere processati e condannati.



Solo poche ore fa era stato pubblicato sul web un altro video, che mostra la decapitazione di un prigioniero. Sembrerebbe che questa escalation di violenza sia il tentativo dello Stato Islamico di distogliere l'attenzione dalla sconfitta a Tal Abyad, che ha tagliato la principale via di rifornimento dell'Isis in Siria. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero