MILANO Con un blitz al dipartimento di Farmacologia dell'università di Milano, il 20 aprile 2013, liberarono topi e conigli usati per la sperimentazione scientifica. Un...
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ESPERIMENTI VANIFICATI
Gianluca Vago, rettore dell'università, ha spiegato che le conseguenze dell'attacco furono disastrose: «Si verificò la perdita dei finanziamenti legati alle singole ricerche già in corso, oltre alla perdita dei dati degli esperimenti in atto che bloccò ulteriori ricerche e i finanziamenti che queste avrebbero generato», ha detto in veste di testimone.
«ATTO DI DISSENSO POLITICO»
Stamane dopo la lettura della sentenza una decina di attivisti ha esposto davanti a Palazzo di giustizia uno striscione con la scritta: “Abbattimo il muro di silenzio”. Come ha sottolineato l'avvocato Giussani, l'irruzione di cinque anni fa «si e' svolta in modo non violento, senza sparare e senza fare danni. Era volta all'acquisizione di dati su come sono tenute le cavie da laboratorio, per scatenare un dibattito pubblico su questi animali sottoposti a sofferenze deliberate». Fu «un atto di disobbedienza politico», condotto «in modo non violento, con il volto scoperto e aveva lo scopo di scatenare un dibattito pubblico, etico e scientifico sulla sperimentazione sugli animali, che in laboratorio vengono sottoposti a violenza deliberata». Rendendo dichiarazioni spontanee la scorsa udienza i tre animalisti hanno sostenuto che «la ricerca sugli animali è una pratica retrograda, noi ci opponiamo a un sistema sociale che sfrutta e uccide il più debole». E ancora: «Non abbiamo distrutto nulla, abbiamo solo liberato gli animali e mostrato al mondo lo squallore delle gabbie in cui vengono rinchiusi». Si è trattato dunque di un'azione «per far luce su questi luoghi - universita', mattatoi, allevamenti - tenuti segreti e in luoghi non visibili». Quello degli attivisti, ha concluso l'avvocato che aveva chiesto l'assoluzione perche' il fatto non costituisce reato, «e' un atto di dissenso politico e la Costituzione, tramite la liberta' di pensiero, difende il dissenso». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero