Tutti gli esecutivi di minoranza che fecero l'Italia

Tutti gli esecutivi di minoranza che fecero l'Italia
La democrazia parlamentare, ancora più se con la proporzionale, è una iattura, ce ne accorgiamo in questi giorni. Una delle sue poche virtù sta...

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La democrazia parlamentare, ancora più se con la proporzionale, è una iattura, ce ne accorgiamo in questi giorni. Una delle sue poche virtù sta nell'offrire una miriade di soluzioni per formare un governo, anche quando manca la condizione prima: una maggioranza. L'enigma che si trova di fronte Mattarella in questi giorni è per molti versi inedito, ma non totalmente. Nella storia della nostra Repubblica sono diversi gli esecutivi nati senza avere una maggioranza. Tale vizio, o virtù, è stato ereditato dalla monarchia: la prima volta che si usò il termine di governo «balneare», per dire un esecutivo estivo di breve durata per portare alle elezioni, fu con il governo Bonomi, nel luglio 1921. Che visse però sette mesi, e avvicinò l'Italia verso la marcia su Roma. Non proprio di buon auspicio, come esempio.


IL RUOLO DEL COLLE
Per fortuna, con la Repubblica il ruolo del capo dello Stato si fece più incisivo, almeno sulla carta, rispetto a quello effettivo del monarca. Nella nostra storia sono infatti esistiti governi di varia tipologia anche perché il presidente della Repubblica, soprattutto in scenari confusi, assume un rilievo centrale. Mattarella ha quindi di fronte due strade principali: un governo cosiddetto del presidente, magari formato da figure «neutre», estranee almeno formalmente ai partiti, che difficilmente riscuoterebbe la fiducia ma resterebbe in carica fino alle elezioni.
Oppure il Presidente potrebbe varare, come chiesto da una parte del centro-destra, un governo di minoranza retto da forze politiche e investito non da una vera fiducia ma dall'astensione di una parte delle altre. La nostra storia offre non pochi precedenti sia della prima che della seconda tipologia. Anche se c'erano stati già due casi, Pella nel 1953 e Fanfani nel 1954, il primo governo di minoranza e «del presidente» lo troviamo nel 1957 con il democristiano Zoli, una figura di secondo piano della Dc. In realtà la maggioranza la ottenne: solo che a votarla furono anche i missini, cosa che ne provocò l'immediata caduta.
Il capo dello Stato, Gronchi, respinse le dimissioni e «costrinse» il governo a continuare, per sette mesi. Lo stesso presidente varò, due anni dopo, il governo Tambroni, nato per gestire l'emergenza delle Olimpiadi a Roma: pure lui ricevette il non gradito consenso dei missini. E fu una delle cause che spinsero ai terribili disordini del luglio 1960. Visti i risultati non proprio positivi, negli anni successivi il ruolo del Quirinale si fece più discreto ma a quel punto a spingere per governi di minoranza furono gli stessi segretari del principale partito, la Dc.
E spesso con ottimi risultati: il governo Fanfani, nato balneare nel luglio 1960, durò fino al febbraio 1962 e varò importanti riforme, grazie all'astensione dei socialisti. Tutte queste convulsioni partivano infatti dal dibattito interno alla Dc: continuare a governare al centro, come negli anni di De Gasperi, oppure allearsi con i socialisti? Alla fine passò la seconda ipotesi che portò una certa stabilità e soprattuto rese più rari i governi di minoranza.

LA CRISI DEL CENTROSINISTRA
Quando il centro-sinistra entrò in crisi, a metà anni Settanta, si dovette perciò ricorrere a un nuovo esecutivo di minoranza, guidato da Andreotti dal 1976 al 1978: chiamato della non sfiducia perché si astennero quasi tutte le forze politiche, compresi i comunisti, fino a quel momento schieratisi contro tutti i governi. Negli esempi citati di Fanfani e di Andreotti il governo di minoranza doveva preparare la Dc a nuove alleanze: con i socialisti negli anni Sessanta, con i comunisti alla fine degli anni Settanta (poi abortita). In entrambi i casi, però, le forze politiche astenutisi, socialisti nel 1963 e comunisti nel 1979, furono punite dagli elettori.

Dopo il fallimento del compromesso storico, il sistema entrò definitivamente in crisi: e negli anni Ottanta ricominciarono i governi di minoranza. Uno dei più curiosi fu il Fanfani VI, nell'aprile 1987. Nato dopo il buon risultato dei governi Craxi e in seguito alla rottura tra il premier e il segretario della Dc, De Mita, fu un monocolore democristiano con molti tecnici. Il risultato? Quasi comico: lo votarono socialisti, socialdemocratici e radicali, che da quel governo erano esclusi, mentre i democristiani che ne facevano parte si astennero. Portò comunque il Paese al voto.
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Il Messaggero