Messaggero 140, il capo della polizia Franco Gabrielli: «Roma è un obiettivo, ma lavoriamo per la sua sicurezza»

La sicurezza di Roma, negli ultimi 20 anni, è stata anche nelle sue mani. Il capo della polizia, prefetto Franco Gabrielli, ha vissuto alcune delle pagine più...

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La sicurezza di Roma, negli ultimi 20 anni, è stata anche nelle sue mani. Il capo della polizia, prefetto Franco Gabrielli, ha vissuto alcune delle pagine più drammatiche della città, che ha ricordato nell'intervista che il vicedirettore de Il Messaggero Massimo Martinelli gli ha fatto nell'ambito della festa per i 140 anni del quotidiano romano, negli Studios di Cinecittà.

 
«Ricordo l'omicidio D'Antona – era capo della Digos - erano passati 11 anni dall'ultimo omicidio della stagione importante e nessuno si immaginava che si potesse tornare a vivere quell'esperienza. Si comprese che anche quello che definimmo un cenacolo di disperati poteva recare danno al paese. Dopo ci fu Biagi e poi il sacrificio di Emanuele Petri». Gli insegnamenti che quell'esperienza hanno dato a Gabrielli, ricorda, sono stati due: «La mai sopita velleità rivoluzionaria, può creare danni anche nelle piccole forme. La seconda è che non ci si può prendere dalla disperazione e dall'isteria. Gli apparati del Paese sapranno dare risposta».

Nonostante l'Italia non sia ancora stata colpita da eventi luttuosi legati al terrorismo di matrice islamica, per Gabrielli si tratta di una minaccia presente: «Come diceva Minniti, mai dire mai. Ho la consapevolezza che anche in Italia possono avvenire queste cose. I cittadini non devono farsi prendere da un gorgo di paura e isteria, che è molto più pericoloso».

Una delle sliding doors della vita di Gabrielli fu quando si trovò a dover decidere se commissariare o no il Comune di Roma, implicato in vicende torbide, legate a possibili influenze della malavita organizzata nella vita amministrativa della città: «In quella vicenda, ancora oggi,sono orgogliosamente convinto di aver fatto la scelta più giusta. Non sarò mai così grato a Pignatone di avermi accompagnato in quella decisione. Quella inchiesta ha stigmatizzato il tema della corruzione e della inadeguatezza dell'apparato. Spesse volte i politici sono vittima di tutti gli strali, ma le macchine burocratiche sono quelle sulle quali dovremmo fare lavoro più importante». Per evitare che si ritorni di nuovo in quelle condizioni di scarsa trasparenza sul funzionamento della macchina pubblica, Gabrielli è sicuro: «Quando ero prefetto ero convinto che Roma ha bisogno di una modalità di governo che non può essere quella di una qualsiasi altra grande città. Finchè Roma non verrà vissuta come una questione nazionale, ho paura che sarmo ancora costretti a rivivere quelle situazioni». E se fosse stata commissariata? «Mi hanno detto che ci sarebbe stata una ripercussione tra il 2 e il 3% del Pil, con un meccanismo di discredito che avrebbe avuto un impatto sugli investitori».


L'ultima domanda di Martinelli a Gabrielli, è forse quella che più interessa più i cittadini di Roma: «È una città sicura»? «Roma è un obiettivo. Siamo il centro della cristianità, molto appetibili sotto tutti i punti di vista. Ma abbiamo strutture di law enforcement che stanno lavorando alacremente. Il lavoro di queste persone è la sicurezza che restituiamo al paese». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero