Un arpione conficcato in testa per 17 centimetri, all'altezza di un occhio. Per il ragazzino inglese di 14 anni ferito la settimana scorsa a Sperlonga, dov'era in vacanza,...
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Questa storia parla di un miracolo, di una sanità laziale che per una volta funziona bene e riceve anche le lodi della stampa britannica, con The Sun che ha intervistato il chirurgo dell'ospedale San Camillo che ha salvato la vita del ragazzo. Spiega al Messaggero il professor Alberto Delitala, 66 anni, direttore di Neurochirurgia, autore dell'intervento incredibile di rimozione dell'arpione: «Non mi era mai capitato nulla del genere nella mia attività e, certo, non ci sono protocolli da seguire, sul momento sei costretto a usare un po' di inventiva, per fortuna è andata bene, a dimostrazione che nella nostra sanità spesso si ottengono ottimi risultati, semmai i problemi sono legati alla manutenzione quotidiana. Ma tenga conto in questa vicenda ha funzionato tutta la macchina dei soccorsi: dalla Guardia costiera all'Eliambulanza che ha trasportato da noi il ragazzo. Pensi ai vigili del fuoco, che sono venuti in pronto soccorso, e ci hanno aiutato: con il frullino sono riusciti a tagliare la parte esterna dell'arpione che in totale era 30 centimetri».
Devon White, 14 anni, di Chelmsford, era a Sperlonga con la famiglia quando venerdì scorso è rimasto ferito in un incidente mentre stava utilizzando un fucile da sub. Trasportato con l'eliambulanza al San Camillo, le sue condizioni apparivano disperate, con l'arpione conficcato in testa come in un film dell'orrore. Invece, il chirurgo che l'ha operato, il professor Alberto Delitala, è riuscito a salvarlo dopo un intervento di due ore. Dopo alcuni giorni in coma farmacologico, ora sta meglio, questa mattina c'è stata la conferma che non perderà la vista, passeggia, e mangia la pasta italiana. «I problemi esistono, ma spesso la sanità pubblica è anche esempio di efficienza incredibile» hanno commentato questa mattina il presidente della Regione, Nicola Zingaretti, e l'assessore alla Sanità, Alessio D'Amato. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero