Il testa a testa fa sempre un certo effetto. Quando poi a scontrarsi sono un candidato progressista e uno della destra populista, com’è il caso delle presidenziali...
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Tre settimane fa, al primo turno delle presidenziali, il 51% dei giovani e il 70% degli operai hanno votato per Hofer, chiedendo un cambiamento di rotta rispetto all’immobilismo della politi[/FORZA-RIENTR]ca viennese, più che una svolta autoritaria. Tanto vale, allora, rinfoderare le urla di indignazione e gli appelli alla mobilitazione, le citazioni di Thomas Bernhard e le solite, annose considerazioni sulla denazificazione che, in Austria, al contrario della Germania, non avrebbe mai avuto luogo, per cercare di capire quello che sta accadendo per davvero. E quello che sta accadendo, in Austria come altrove, è relativamente semplice. C’è una quota, significativa, degli elettori europei, che si sente minacciata nella propria identità. La globalizzazione, l’integrazione europea, la caduta delle frontiere sia fisiche che culturali la mettono a disagio già da tempo. E ora, l’esplosione della crisi dei migranti è la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Ne hanno abbastanza. Vogliono tornare indietro. Checché ne dicano i leader progressisti e gli esperti in televisione, si stava meglio quando si stava peggio. Si può non condividere questo sentimento. Ritenere che vada combattuto nel nome di ideali diversi. Ma quel che non si può fare è ignorarlo o, peggio ancora, cercare di inscatolarlo nelle vecchie categorie dell’estremismo di destra o addirittura del fascismo. È lo stesso errore che commettono i democratici americani quando cercano di spacciare Trump per un seguace del Ku Klux Klan: il tentativo di combattere le battaglie di oggi con l’armamentario ideologico di ieri, anziché fare la fatica di elaborare risposte nuove per confrontare problemi anch’essi nuovi. Il sogno dei neo-isolazionisti - i Trump, le Le Pen, gli Hofer - è fuori dalla realtà. Il piccolo mondo antico che vorrebbero costruire circondandolo di muraglie di ogni genere esiste solo nella retorica dei loro discorsi infuocati.
Detto ciò, sul fronte opposto, l’ingenua visione della scomparsa delle frontiere che ci accompagna da un quarto di secolo mostra anch’essa la corda.
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Il Messaggero