Le Filippine del presidente Rodrigo Duterte «intendono ripensare» la loro sanguinosa politica intrapresa contro il traffico di stupefacenti. La decisione è...
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Il terzo caso risale al 16 agosto quando il 17enne Kian Loyd Delos Santos è stato ucciso da alcuni agenti della polizia. Gli ufficiali avrebbero aperto il fuoco in risposta al ragazzino avvicinato per accertare il suo presunto coinvolgimento nel traffico di stupefacenti. «Le modalità di queste operazioni devono davvero essere riesaminate, credo che (alla polizia, ndr) stiano ripensando tutto», ha affermato il portavoce, denunciando che l'uccisione di De Guzman «non è un evento isolato».
Duterte ha assicurato che non chiuderà un occhio se la polizia sarà trovata responsabile delle morti. L'annuncio della svolta arriva in un momento delicato per lo stesso Duterte. Oggi il figlio del presidente, Paolo, è stato ascoltato dal Senato delle Filippine riguardo alle accuse che lo vorrebbero coinvolto in un caso di traffico di droga insieme Manes Carpio, genero del capo di Stato. Secondo l'accusa i due avrebbero contribuito a facilitare una spedizione di metamfetamina cristallina proveniente dalla Cina per un vaore di 125 milioni di dollari. La posizione del giovane Duterte è aggravata dal tatuaggio di un dragone che ha sulla schiena: si tratterebbe del segno distintivo di una gang di trafficanti. Paolo, vice-sindaco della città di Davao, si è rifiutato di «rispondere alle accuse basate sui pettegolezzi» e non ha voluto descrivere il suo tatuaggio. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero