Risultava «idoneo a scopo di trapianto» il cuore prelevato al San Raffaele a un quarantonne milanese e poi trapiantato a un sessantenne cardiopatico, morto...
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Lo scrivono gli esperti Cristina Basso, Ugolino Livi, Massimo Montisci e Francesco Tona, nella consulenza del pm di Milano Francesco DeTommasi, titolare dell'indagine coordinata assieme alprocuratore aggiunto Tiziana Sicilano, ereditata dalla procura di Roma nella quale si ipotizza il reato di omicidio colposo. Secondo i tecnici il «rischio di esito sfavorevole» dell'intervento era da considerarsi «standard e le anomalie riscontrate nel cuore del donatore potevano al più allertare gli operatori per un monitoraggio stretto post-trapianto, ma niente avrebbero potuto fare con l'insufficienza d'organo appalesatasi immediatamente dopo il trapianto». Secondo la procura capitolina, che ha trasmesso gli atti a Milano per competenza, invece, il cuore del donatore si era già fermato per alcuni minuti in seguito a un infarto e l'uomo era morto per annegamento dovuto proprio ai problemi cardiaci, circostanza che, al momento dell'espianto,avrebbe dovuto essere tenuta in considerazione. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero