Cassazione: non può essere licenziato chi non blocca un collega che ruba sul lavoro

Un collega ruba sul lavoro e non lo si ferma? Per la Cassazione non si può esser licenziati
Furti sul lavoro da parte di un sottoposto? Se non li si impedisce, ma li si denuncia, non si può essere licenziati. Questo perché il dipendente deve vigilare sulla...

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Furti sul lavoro da parte di un sottoposto? Se non li si impedisce, ma li si denuncia, non si può essere licenziati. Questo perché il dipendente deve vigilare sulla diligenza dei suoi sottoposti ma non ha doveri di polizia. È quanto sancito da una sentenza della Corte di Cassazione resa nota dalla Fondazione studi dei consulenti del lavoro.


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Secondo quanto stabilito dalla Cassazione «è illegittimo il licenziamento del dipendente che non è riuscito ad impedire un furto in azienda da parte di un suo sottoposto ma ha segnalato il fatto ai propri superiori». La Corte di Cassazione (Sez. lav., 5 aprile 2018, n. 8407) - spiega la nota della Fondazione - ha ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa di una responsabile di reparto che, appreso di un furto da parte di una collega a lei gerarchicamente sottoposta e non avendolo potuto impedire, ha comunque tempestivamente segnalato il fatto ai propri superiori
».

Secondo il principio affermato dalla Cassazione dalla tempestività della segnalazione deriva
«l'impossibilità di individuare un comportamento omissivo o accondiscendente da parte della lavoratrice, alla quale perciò non possono essere addebitati impropri poteri di polizia o responsabilità conseguenti».


La sentenza ha riaffermato il principio per il quale - evidentemente con riferimento ai rapporti di lavoro precedenti al regime delle cosiddette
«tutele crescenti» - in materia di licenziamento per ragioni disciplinari, anche se la disciplina collettiva preveda un determinato comportamento come giusta causa o giustificato motivo soggettivo di recesso, il giudice deve comunque verificare «l'effettiva gravità della condotta addebitata al lavoratore», confermando che «l'irrogazione della massima sanzione disciplinare risulta giustificata solamente in presenza di un notevole inadempimento degli obblighi contrattuali ovvero addirittura tale da non consentire la prosecuzione neppure provvisoria del rapporto». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero