Era scappato dal macello di un’azienda agricola biellese. Con un balzo è fuggito via, per dieci giorni ha pascolato e ora è stato ritrovato in mezzo a un campo di pannocchie....
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Da giorni gli attivisti vegani e vegetariani del Movimento Etico Tutela animali ambiente (META) si sono dati da fare per trovare il vitellone. Hanno deciso di far sentire la voce, scrivono, “di chi non ci dorme la notte, lo ha avvicinato e continua a lottare ed a tifare per lui”. Possibile? Tifare per un toro che come tanti altri è allevato per diventare carne che finisce nel piatto? Gli attivisti hanno inviato lettere ai giornali locali pregando che il toro venga risparmiato: “Bruno non è solo!” e hanno bombardato di telefonate l’azienda agricola per chiedere la salvezza dell’animale.
L’obiettivo degli ambientalisti è portare il toro “nel più vicino santuario degli animali liberi” perché muoia di morte naturale. Si tratta di strutture gestite dagli attivisti che ospitano già decine di bovini e centinaia di galline riscattate a pagamento dagli allevamenti oppure provenienti da sequestri motivati da condizioni poco idonee. Valerio, il vicepresidente del Meta di Biella racconta di essere rimasto malissimo quando una veterinaria ha sbottato dicendo che però, se si risparmiassero tutti gli animali, gli allevatori non sarebbero tutelati. Anzi, sarebbero costretti a chiudere bottega. Dietro quel toro, in fondo, c’è un’attività imprenditoriale e una filiera alimentare.
Sulla pagina facebook del movimento ci sono decine di foto in cui compaiono le tracce lasciate dall’animale e sotto ci sono i commenti commossi e struggenti degli ambientalisti, proprio come se a finire al macello fosse un essere umano: “Bruno mi sei entrato nel cuore ed aver visto nei tuoi occhi e riconosciuto nel tuo gesto solo un attimo di fiducia nell'essere umano, mi ha sgretolato il cuore...perché non siamo degni della vostra fiducia!!!” oppure “Spero di poter rivederti presto dolce Bruno!!!”
Toni che ad agricoltori e allevatori sono sembrati eccessivi e che hanno creato non poco imbarazzo. La cooperativa dove è stato allevato Bruno e altri 160 animali in stato semibrado, ora si trova di fronte a un bivio. È la prima volta che si confrontano con degli animalisti. Per chi lavora allevando e macellando bovini, la situazione è sembrata un paradosso.
“L’animale non è pericoloso, sta bene, ora è nella stalla. Ha patito queste giornate” spiegano con toni pacati dalla cooperativa. Ora si riuniranno i soci per decidere il da farsi. “Ma spiace anche a noi quello che è successo, ora ci confronteremo e cercheremo la soluzione migliore”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero