Biotestamento: figlia in coma, decide il padre. A Modena il primo caso

Biotestamento: figlia in coma, decide il padre. A Modena il primo caso
Un uomo anziano con un compito durissimo per qualunque genitore: ricostruire la volontà della figlia finita nel tunnel del coma profondo, raccogliere le prove che possano...

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Un uomo anziano con un compito durissimo per qualunque genitore: ricostruire la volontà della figlia finita nel tunnel del coma profondo, raccogliere le prove che possano dimostrarla e portarla a termine fino alle estreme conseguenze. Quelle che potrebbero costringerlo a staccare la spina. Applicando per la prima volta la nuova legge sul biotestamento, così ha deciso il tribunale di Modena che ha affidato al padre ultra ottantenne il compito di valutare le prestazioni sanitarie a cui sottoporre la figlia quarantenne, in coma dall'inizio dell'anno. L'unica condizione, ha chiarito il giudice, è che cerchi «il miglior interesse» per la donna e provi a rintracciare nel suo passato le volontà espresse sia in materia sanitaria sia in quella patrimoniale.


Il caso raccontato ieri dalla Gazzetta di Modena, riguarda appunto una donna ricoverata da mesi nell'ospedale di Baggiovara, «incapace di intendere e volere» e alimentata artificialmente. Se in passato il magistrato si limitava ad autorizzare il tutore a firmare il consenso informato e a ritirare lo stipendio o la pensione, ora, spetterà a lui il compito di non disperdere i beni - e dunque investire i soldi in obbligazioni fruttifere - ma soprattutto di decidere compiutamente nell'ambito sanitario, prestando il consenso ad alcune terapie o anche decidendo di interromperle.

IL CASO ENGLARO

La legge sul testamento biologico, infatti, oltre a dare una natura giuridica al «Dat» (disposizone anticipata di trattamento) ha anche normato il caso di chi sia «incapace psichicamente» o minorenne. Il caso ha ovviamente molte analogie con la vicenda di Beppino Englaro che per anni chiese di poter portare a compimento la volontà della figlia, Eluana, rimasta in coma per quasi vent'anni. «È la corretta e migliore applicazione della legge, quel padre dovrà fare come me, ossia portare al giudice tutti gli elementi che comprovano la volontà della figlia, ma senza poi dover subire il mio calvario», ha commentato lo stesso Englaro che ottenne il riconoscimento del diritto a decidere a nome della figlia dopo una lunghissima battaglia legale: «Il giudice ha stabilito che l'uomo dovrà portargli elementi e prove che dimostrano che la figlia avrebbe voluto morire se si fosse trovata in quelle condizioni - ha aggiunto Englaro - come prevede la legge. Sarà una specie di istruttoria, e se il padre potrà far capire che così voleva quella povera donna in coma si procederà per la sospensione delle cure». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero