CORLEONE - La stamberga di Monte dei Cavalli gli dava sicurezza. A tre chilometri dal Paese, affacciata su una stradina che si arresta sotto la collina. La percorre chi ha in zona...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Da quel terrazzino lo sguardo segue la strada, si perde nella valle a pascoli di verde smaltato. In alto a destra Provenzano scorgeva le vestigia di Schera, l'antica Corleone, insediamento forse sicano distrutto prima dai romani poi dai saraceni. Gli abitanti allora riedificarono più a valle. Ma proprio dall'antica radice della sua Corleone è scattata la tenaglia. Dalla zona archeologica di Schera i moderni marchingegni tecnologici della polizia lo hanno visto, filmato, seguito. E da quelle postazioni veniva impartito il via libera per i furtivi accessi al covo, per infiltrare le microspie. Ci sono ancora gli avanzi dell'ultima cena su piatti di plastica, provoletta e ricotta. Alle spalle della casa c'è un ricovero per animali, 20 metri per 12, per metà pieno di balle di paglia, sulle quali è adagiata una rete da letto a due piazze. Dal soffitto in laminati di zinco pendono ganci per assicurare i bovini. A sinistra dell'ingresso due Panda, una senza targa, l'altra malconcia con tracce di ricotta che colano dal portellone. A destra dell'ingresso un bugigattolo con gli attrezzi del casaro, spicca una centrifuga in buono stato.
Ovunque c'è sporcizia, trasandatezza. L'ultimo capo di imputazione può derivare dalla violazione di ogni norma igienica nella preparazione di cibi. Dal capannone è spuntato fuori un fucile da caccia e munizioni, regolarmente detenuti dal pastore che custodiva un gregge e Provenzano. E un barattolo con facsimili di propaganda elettorale pro Salvatore Cuffaro e Niccolò Nicolosi, sindaco di Corleone. Il presidente della Regione ha commentato: «Ne ho fatti stampare oltre 3 milioni da distribuire in tutta la Sicilia. Non so se il pastore l'abbia mai dato a Provenzano, ma se ne hanno tenuto conto hanno fatto il peggiore investimento della loro vita». Il boss non temeva il malocchio, un grosso gatto nero schizza da un posto all'altro del covo, per evitare le tute bianche della polizia scientifica. Alla fine si perde tra i cardi delimitati da un filare di susini in fiore. Tra il capanno e la stamberga ci sono quattro metri, il boss viveva in 50 metri quadri, nel bagno c'è Felce azzurra liquido, gli arredi non interessano l'ultimo dei rigattieri. Ovunque c'è unto e sporco stratificati. Ma alle pareti c'è una stampa popolare della Madonna delle Lacrime e un manifesto che riproduce fotografie delle razze dei cavalli autoctoni di San Fratello di Sicilia. La scientifica demolisce tutto, porta via la macchina da scrivere elettrica usata per scrivere i famosi “ pizzini”, molti dei quali trovati all'interno del casolare, recupera le sue attrezzature d'ascolto, sonda muri e pareti alla ricerca di nascondigli. Cerca i bandoli della matassa per ricostruire la rete di protezione della latitanza.
La versione ufficiale è che la polizia a Montagna dei Cavalli è giunta nel modo più diretto, pedinando un cambio di biancheria pulita spedita dalla moglie al marito. Forse è andata proprio così, ma val la pena ricordare anche che ormai dal pentimento di Giuffrè la rete si era smagliata. E dopo quel pentito ne vennero altri, il corredo più ricco venne offerto dagli accompagnatori a Marsiglia, dove Provenzano fu operato per un carcinoma alla prostata. Ognuno apportava un tassello, alla fine emerse un fotofit attendibile. C'era agli atti persino un frammento biologico. «Era un fantasma - commenta il procuratore Pietro Grasso - ora il fantasma lo abbiamo catturato, nella sua Corleone, come avevo previsto. Lo Stato c'è». Dell'irruzione della polizia restano le tracce davanti l'uscio della stamberga. I vetri infranti scricchiolano sotto le scarpe degli agenti.
Provenzano forse questo film del suo futuro lo aveva rivisto mille volte.
Il Messaggero