ROMA Era il 4 maggio del 2014 quando si incrociarono l'ultima volta negli studi di In mezz'ora. Con Salvini collegato da Pontida che diceva «fuori...
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I RAPPORTI
Con il primo a tendere continuamente la mano e il secondo attento a non essere troppo accondiscendente. E così il giovane Matteo ha fatto riferimento più volte al programma del partito di via Bellerio, ha ribadito che non occorre che qualcuno garantisca per lui in Europa e soprattutto ha ricordato il sito Salvinipremier.it per far capire che lui è candidato a palazzo Chigi, Berlusconi no e infatti l'ex presidente del Consiglio ha glissato: «Sempre Forza Milan, Matteo». In ogni caso tra battute, sorrisi e momenti di freddezza l'ex premier e il segretario del Carroccio hanno provato a ricucire e a chiarirsi sulle incomprensioni di questi giorni. Lo stesso leader della Lega ha evitato di lanciare affondi e si è dimostrato disponibile al confronto: «Buongiorno presidente, tra noi - ha osservato - è molto più quello che ci unisce che quello che ci divide. Ora c'è da risistemare l'Italia».
Sullo sfondo restano le differenze sull'Europa («Ma Salvini ha cambiato atteggiamento», ha fatto notare nuovamente Berlusconi), sulle pensioni e su altri argomenti, ma l'ex premier è sicuro: «Sui punti su cui non siamo d'accordo troveremo una sintesi». Il Cavaliere ha chiarito di non aver mai pensato ad un condono e di essere stato frainteso anche su scenari futuri post-voto in caso di pareggio: niente governo di scopo e niente intese con il Pd, «non ce ne sarà bisogno, avremo i numeri». Toni, quelli usati da Berlusconi, concilianti e distesi nei confronti del suo alleato: «In Europa temono M5S, non lui. Seduti a un tavolo siamo riusciti a fare quello che la Merkel non è riuscita a fare: trovare l'accordo su 10 punti fondamentali. La distanza tra FI, FdI, Lega sulle cose fondamentali non esiste». Ed ancora: «Salvini? Ha espresso con grande chiarezza posizioni che sono comuni, non ha mattane. A volte ama il paradosso e ama essere pirotecnico, ma è un complimento». Sulla stessa lunghezza d'onda anche sui fatti post-Macerata: «Il fascismo è morto e sepolto».
Meno pronto ad allargare le braccia Salvini che al Cavaliere più che altro ha fatto i complimenti per la rimonta del Milan, non altro. Il giovane Matteo ha voluto stoppare tentativi di larghe intese anche se si dovesse registrare una situazione di impasse dopo le elezioni: «Non mi fido di governi brevi che stanno sul groppone agli italiani per 5 anni. O si vince e si cambia». Giorgia Meloni però dice di non fidarsi di entrambi: «Non vorrei che ci si volesse davvero tenere le mani libere per fare inciuci eventuali col Pd o con il Movimento 5 Stelle».
LA SORPRESA
La sorpresa ieri però è arrivata dal Cavaliere. Nessuno si aspettava la nomina di Cottarelli. «Daremo a lui il potere di fare tagli per la spesa pubblica. Non so se ci dirà di sì, ma ha le caratteristiche a cui noi pensiamo», la proposta dell'ex premier. Tuttavia in FI non c'è grande voglia di aprire ad esponenti provenienti dalla società civile. «Abbiamo già visto come è andata a finire con Monti, basta con i tecnici», ripetono i big azzurri. Eppure Berlusconi continua a ripetere di volere un governo con 12 ministri su 20 «non politici di professione». Prima occorrerebbe capire chi possa guidarlo: i preferiti di Berlusconi restano Antonio Tajani e Gianni Letta.
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Il Messaggero