Spopola come fosse un virus sui social network #notamartyr (non un martire), la campagna lanciata in primis dal blogger Dyala Badran per protestare contro la strumentalizzazione...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«Siamo devastati dalla violenza senza senso e speriamo di dare voce a questi sentimenti», ha detto il blogger Bradan, spiegando le ragioni della campagna: «Non è stato un martirio, è stato un omicidio». E così sui social network in migliaia hanno iniziato a pubblicare i propri 'selfiè accompagnandoli appunto con l'hashtag #notamartyr. L'obiettivo dichiarato è quello di impedire la «politicizzazione della violenza», o anche «la disumanizzazione di quelli che vengono uccisi».
Ma si punta anche a sollecitare «la necessità che si indaghi» a fondo, come dicono altri attivisti citati dalla Bbc. In tanti quindi si sono scattati un autoritratto, con un messaggio scritto su carta: «Dio fa qualcosa» recita uno. «Voglio usare whatsup per sapere cosa fanno i miei amici, non se sono sopravvissuti», si legge in un altro. E ancora: «Voglio vivere in Libano, non combattere ogni giorno per restare in vita». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero