Il presidente francese, Emmanuel Macron, beata modestia, si è più volte paragonato a Giove. Non è detto però che i fulmini scagliati, assieme a Trump e...
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Perché questa svolta di Macron? La spiegheremmo con tre ragioni. La prima causa è la persistenza del «deep state», come si dice negli Usa, cioè gli imperativi della diplomazia e dell’alta burocrazia, che Macron riesce meno a controllare di quanto sperasse. La diplomazia francese è ancora, come ai tempi di Sarkozy e di Hollande, interventista, e tale probabilmente resterà anche con Macron. Questa considerazione vale pure per Trump, anch’egli eletto sul rifiuto della dottrina neo-con ma costretto ad avvicinarvisi per via della forza avvolgente del «sistema». E se Trump, che è un outsider, ha dovuto piegarvisi, figuriamoci Macron, che in qualche modo da quell’establishment proviene. La seconda ragione dell’interventismo macroniano va inquadrata sul piano interno. L’azione è infatti servita al Presidente per confermare che il campo politico non è più diviso tra destra e sinistra ma tra populisti ed europeisti e soprattutto a spaccare i neo-gollisti. Contro i bombardamenti, e quasi negli stessi termini, si sono schierati infatti la destra radicale di Le Pen, la sinistra estrema di Mélenchon e una parte dei Républicains. Al contrario a favore si sono detti socialisti e l’altra metà dei Républicains, i seguaci di Alain Juppé. Lo vedremo oggi, quando il Parlamento francese discuterà la missione, pur senza votare. Finché rimarrà in voga questa rappresentazione, Macron non dovrà temere per il suo potere. La terza motivazione della svolta è ancora più ambiziosa.
Il presidente francese vuole dimostrare di essere il capo militare e politico dell’Europa, e come tale mediare con Trump, con Putin (e con l’Iran).
Il Messaggero