ROMA Un malore in casa e la corsa in ospedale per alcune ore: il ginecologo Severino Antinori reagisce così agli arresti domiciliari, dichiarandosi vittima di accuse...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
Nel frattempo, l'avvocato Tommaso Pietrocarlo, che fa parte del collegio difensivo con Carlo Taormina e Claudio Romano, fa notare che la versione resa dalla vittima non torna. Ci sarebbero, a suo dire, alcune anomalie, in particolare una lettera che la 24enne avrebbe scritto per chiedere «il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato» come infermiera, «e il reintegro, pur non essendo dipendente» e «un relativo risarcimento danni», altrimenti avrebbe intrapreso iniziative legali. E questa l'avrebbe preparata quando è stata portata alla Clinica Mangiagalli, dove le sono stati riscontrati l'asportazione degli ovuli ed ecchimosi compatibili con un'immobilizzazione, e la avrebbe composta con l'aiuto di un legale dell'associazione che affianca il Soccorso violenza sessuale e domestica. Una lettera, che per l'avvocato Roberta De Leo che la assiste, farebbe capire che lei in realtà intendeva solo «ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro che si svolgeva in nero». Qualcosa di strettamente legato «a un diritto del lavoro» e non al procedimento penale.
IL MODULO
Tra le altre «anomalie» evidenziate dalla difesa di Antinori, delle quali il ginecologo aveva già parlato in tivù, dopo aver subito una perquisizione, ci sarebbe il fatto che l'infermiera avesse firmato un modulo di adesione al programma di ovulodonazione, poi un consenso informato, «dopo aver avuto il supporto di una psicologa che ne ha attestato la consapevolezza della scelta e la mancanza di problematiche».
Pietrocarlo ha poi aggiunto che, dagli atti, si evince che la donna avrebbe riconosciuto la sottoscrizione di due moduli «molto dettagliati dell'11 e del 14 marzo e non quello del 5 aprile», giorno dell'intervento che sarebbe dovuto servire a rimuovere una cisti ovarica e che si sarebbe trasformato nella rapina. Insomma sono diversi gli aspetti da chiarire, anche perché l'ordinanza del gip appare dettagliata e pesante nei confronti degli indagati, Antinori in testa.
ALTRE DENUNCE
Allo stato non sarebbero emerse, invece, evidenti connessioni con un'altra inchiesta milanese: una decina di donne, assistite dall'avvocato Gianni Pizzo, aveva denunciato di aver avuto una promessa di denaro dal ginecologo (circa mille euro) per consentire il prelievo degli ovuli. Non avevano ricevuto la somma perché, dopo l'operazione, era stato detto loro che non si potevano utilizzare, ma anche in quel caso il sospetto è che fossero stati impiantati invece ad altre clienti della clinica.
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero