Caso ovuli, Antinori si difende: «La donna era d'accordo. Mi sento come Enzo Tortora»

Caso ovuli, Antinori si difende: «La donna era d'accordo. Mi sento come Enzo Tortora»
di Cristiana Mangani
3 Minuti di Lettura
Domenica 15 Maggio 2016, 10:16 - Ultimo aggiornamento: 19:37

ROMA Un malore in casa e la corsa in ospedale per alcune ore: il ginecologo Severino Antinori reagisce così agli arresti domiciliari, dichiarandosi vittima di accuse ingiuste e arrivando a scomodare Enzo Tortora. «Sto vivendo lo stesso incubo, sono come lui», dichiara mentre è sotto osservazione dei medici. Da due giorni è stato raggiunto da un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip di Milano, perché accusato di lesioni aggravate e rapina ai danni di un'infermiera spagnola di 24 anni a cui avrebbe forzatamente prelevato gli ovuli per impiantarli ad altra paziente il 5 aprile scorso nella clinica Matris, ora messa sotto sequestro dal Nas dei carabinieri. La sua verità la racconterà nei prossimi giorni al giudice che lo sentirà per decidere se convalidare o meno l'arresto.
 

 



Nel frattempo, l'avvocato Tommaso Pietrocarlo, che fa parte del collegio difensivo con Carlo Taormina e Claudio Romano, fa notare che la versione resa dalla vittima non torna. Ci sarebbero, a suo dire, alcune anomalie, in particolare una lettera che la 24enne avrebbe scritto per chiedere «il riconoscimento di un rapporto di lavoro subordinato» come infermiera, «e il reintegro, pur non essendo dipendente» e «un relativo risarcimento danni», altrimenti avrebbe intrapreso iniziative legali. E questa l'avrebbe preparata quando è stata portata alla Clinica Mangiagalli, dove le sono stati riscontrati l'asportazione degli ovuli ed ecchimosi compatibili con un'immobilizzazione, e la avrebbe composta con l'aiuto di un legale dell'associazione che affianca il Soccorso violenza sessuale e domestica. Una lettera, che per l'avvocato Roberta De Leo che la assiste, farebbe capire che lei in realtà intendeva solo «ottenere il riconoscimento di un rapporto di lavoro che si svolgeva in nero». Qualcosa di strettamente legato «a un diritto del lavoro» e non al procedimento penale.

IL MODULO
Tra le altre «anomalie» evidenziate dalla difesa di Antinori, delle quali il ginecologo aveva già parlato in tivù, dopo aver subito una perquisizione, ci sarebbe il fatto che l'infermiera avesse firmato un modulo di adesione al programma di ovulodonazione, poi un consenso informato, «dopo aver avuto il supporto di una psicologa che ne ha attestato la consapevolezza della scelta e la mancanza di problematiche».

 

Pietrocarlo ha poi aggiunto che, dagli atti, si evince che la donna avrebbe riconosciuto la sottoscrizione di due moduli «molto dettagliati dell'11 e del 14 marzo e non quello del 5 aprile», giorno dell'intervento che sarebbe dovuto servire a rimuovere una cisti ovarica e che si sarebbe trasformato nella rapina. Insomma sono diversi gli aspetti da chiarire, anche perché l'ordinanza del gip appare dettagliata e pesante nei confronti degli indagati, Antinori in testa.

ALTRE DENUNCE
Allo stato non sarebbero emerse, invece, evidenti connessioni con un'altra inchiesta milanese: una decina di donne, assistite dall'avvocato Gianni Pizzo, aveva denunciato di aver avuto una promessa di denaro dal ginecologo (circa mille euro) per consentire il prelievo degli ovuli. Non avevano ricevuto la somma perché, dopo l'operazione, era stato detto loro che non si potevano utilizzare, ma anche in quel caso il sospetto è che fossero stati impiantati invece ad altre clienti della clinica.