Come succede ormai da circa una decina di anni, anche quest’anno scoppiano qua e là, nei Paesi di tradizione cristiana come il nostro, le polemiche sul presepe. ...
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All’inizio si trattava soprattutto di una competizione abbastanza pacifica fra l’antico presepe e il nuovo albero di natale, che aveva attecchito soprattutto nel settentrione della Penisola, nelle città, e sembrava più moderno, più allegro e luminoso.
E soprattutto meno impegnativo dal punto di vista religioso. Ma il presepe ha continuato a tallonarlo, insieme con i presepi viventi rappresentati nelle scuole o nelle chiese, e a suscitare altri tipi di perplessità: in una società sempre più multietnica e secolarizzata, dove il Natale sembrava perdere ogni anno qualcosa di più della sua connotazione religiosa - e in particolare cattolica: l’origine del presepe è senza dubbio italiana - il presepe è diventato oggetto di accuse e critiche anche severe quando veniva esposto in un luogo pubblico, e quindi “laico” per definizione. Esporlo nei luoghi pubblici - sostengono anche oggi i suoi detrattori - significa riportare inesorabilmente un segno religioso là dove non ci doveva stare. Ma anche qualcosa di più: significava riportare il Natale al suo significato di celebrazione religiosa, di festa per la nascita di Gesù, e ostacolare, quindi, quello slittamento del Natale verso una celebrazione astratta e adatta a tutti, un generico appello all’amore fraterno concretizzato soprattutto nello scambio di regali, e quindi in una celebrazione del consumismo.
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Il Messaggero