No, questa non è una disgrazia, nel senso che malasorte e fato si sono incontrati per punire i nostri misfatti. Qui i...
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Qui i fulmini che s’abbattono sui piloni, il diluvio che inonda la città non c’entrano, non sono né causa né concausa dell’accaduto. Più corretto definirlo un disastro “assurdo e spaventoso” dentro una tragedia annunciata. Piangiamo un fatto che era prevedibile.
Perché tanti i segnali, negli anni, ci hanno avvertito del rischio immanente. Quei segnali si legano adesso all’incapacità di averli colti per tempo, col tempo giusto per correre ai ripari. <HS9>Il Ponte Morandi, dal nome del suo progettista, con i suoi cinquant’anni di vita (1967) stressata da flussi di traffico crescenti e dirompenti, ha lanciato, inascoltato, il suo grido di dolore già nel 2011 allorché un autorevole report segnalava l’esigenza di profonde ristrutturazioni. Mai compiute.
Ora si scomoda un altro argomento, l’esigenza di manutenzioni previste e programmate, rimaste sulla carta. E così, da questo Ferragosto di dolore e di lutto, Genova, la Liguria vivrà per lungo tempo spezzata in due. Forti e generosi come popolo, ardimentosi come solo i marinai sanno esserlo, e però già provati da tante vicissitudini, i genovesi si ritrovano adesso a fare i conti con un’economia dalle gambe spezzate, un porto commerciale privato di colpo di tentacoli industriali, di rapidi collegamenti stradali verso l’interno e verso l’oltre frontiera. <HS9>Chi aveva pensato al raddoppio di una arteria indispensabile aveva visto giusto ma quello sguardo si è perso tra le polemiche, le battaglie di posizione, gli ideologismi di schieramento. Tronconi non più comunicanti di una arteria essenziale che congiungeva est e ovest, che coniugava economia e sociale in un unicum esemplare, si sono schiantati nel vuoto vertiginoso del letto asciutto del fiume Polcevera. Un esercito di ruspe sarà chiamato a sgombrare i pilastri disarticolati, ridotti a tronconi del Ponte Morandi, ormai oggetto di perizie tecniche su quel cemento armato precompresso a cavalletti bilanciati che si guadagnò medaglie, onori e applausi. Una specie di sogno americano realizzato tra le montagne e il mare di Liguria. <HS9>
Tenere bassi i toni della polemica, viene raccomandato. Ma, qui, non è questione di decibel da modulare, qui è l’esame che un Paese è chiamato a sostenere e che riguarda la sua capacità di progettare e manutenere in efficienza e sicurezza grandi e meno grandi opere, tutte componenti del nostro tessuto di società moderna, avanzata, ambiziosa. <HS9>Tre domande urgenti e inevitabili: si poteva, si doveva prevedere? A chi il peso delle enormi responsabilità? Quanto tempo per riparare una ferita tanto profonda? Domande alle quali il nostro sistema giudiziario opporrà la guerra infinita delle perizie e dello scarico delle colpe, sicché non è imprudente e impudente immaginare che la richiesta dei ministri competenti di avere presto i nomi dei responsabili resterà a lungo disattesa. Ha dunque ragione il presidente Mattarella, puntuale e severo, nel ricordare alle istituzioni competenti che gli italiani hanno diritto di disporre di infrastrutture sicure, moderne ed efficienti. L’elenco dei disastri che non sono disgrazie è lungo, punteggiato di lutti e di gravi omissioni, di scelte sbagliate e non di rado macchiato dal virus del crimine organizzato che trova nella corruzione il suo alimento d’elezione. <HS9>
Ponti che crollano, strade che franano su se stesse, tetti di scuole che si squarciano sulla testa degli alunni per un temporale, fiumi che esondano perché non riescono a contenere normali piogge di stagione.
Il Messaggero