Allan Lichtman, lo storico che da 32 anni indovina i presidenti Usa (Trump incluso)

Donald Trump e, a destra, lo storico americano Allan Lichtman
Ci ha visto giusto anche stavolta. Come del resto ad ogni occasione da trentadue anni a questa parte. Nonostante il parere contrario dei sondaggisti e di gran parte dei media,...

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Ci ha visto giusto anche stavolta. Come del resto ad ogni occasione da trentadue anni a questa parte. Nonostante il parere contrario dei sondaggisti e di gran parte dei media, pronti a scommettere sulla vittoria di Hillary Clinton, Allan Lichtman, sessantanovenne storico e docente dell’American University di Washington, aveva infatti  pronosticato il trionfo dell’outsider Donald Trump. Le ragioni di questa indovinata predizione? Tanta esperienza e, soprattutto, un metodo matematico a quanto pare infallibile.

Un metodo denominato Keys to the White House e basato su tredici affermazioni/domande chiave per comprendere le dinamiche delle elezioni presidenziali americane: 1. Mandato del partito: dopo le elezioni di metà mandato, il partito in carica ha guadagnato seggi alla Camera dei deputati rispetto alle precedenti elezioni di metà mandato 2. Competizione: non c’è stata competizione per la nomination del partito in carica 3. Incarico: il candidato del partito è anche il presidente in carica 4. Terzo partito: non c’è un terzo partito significativo o una campagna elettorale indipendente  5. Economia a breve termine: l’economia non è in recessione durante la campagna elettorale 6. Economia a lungo termine: la crescita economica pro capite durante l’ultimo mandato è stata uguale o maggiore a quella dei due mandati precedenti 7. Cambio di linea politica: l’amministrazione in carica ha realizzato importanti cambiamenti nella politica nazionale 8. Instabilità sociale: non c’è stata una prolungata instabilità sociale durante l’ultimo mandato 9. Scandali: l’amministrazione in carica è incontaminata da importanti scandali 10. Fallimenti militari e/o in politica estera: l’amministrazione in carica non ha subito rilevanti fallimenti militari o in politica estera 11. Successi militari e/o in politica estera: l’amministrazione in carica ha ottenuto considerevoli successi militari o in politica estera 12. Carisma del candidato del partito in carica: il candidato del partito in carica è carismatico o è un eroe nazionale 13. Carisma dello sfidante: il candidato del partito sfidante non è carismatico né un eroe nazionale
 
Stando a questo sistema/questionario inventato nel 1860 e illustrato da Lichtman, che lo utilizza con successo dalle elezioni del 1984, nel libro Predicting the Next President, se ad almeno sei delle precedenti considerazioni si risponde con un “falso”, a esultare nelle Presidenziali non sarà il partito in carica bensì quello sfidante. Esattamente ciò che è capitato al partito Repubblicano di Donald Trump.
 

«Sulla base dei 13 tasti - aveva spiegato a settembre Lichtman in un’intervista al Washington Post - si potrebbe prevedere una vittoria di Donald Trump. In questo momento i democratici sono fuori - sicuro - di cinque. La chiave 1 è il mandato del partito: nelle elezioni di medio termine si sono schiacciati. Chiave 3: il candidato non è il presidente in carica. Chiave 7: nessun grande cambiamento di politica nel secondo mandato di Obama. Chiave 11: nessun grande successo di politica estera. E chiave 12, Hillary Clinton non è un Franklin Roosevelt. Ancora una chiave e i democratici sono in calo, e noi abbiamo Gary Johnson (candidato del Partito Libertariano n.d.r.). Se lui ottenesse il 5 per cento dei voti anche la chiave 4 sarebbe falsa: la sesta per i democratici. Quindi tutto sembra indicare una vittoria di Trump». Aveva proprio ragione lui.
 
 
 
 
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Il Messaggero