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CAGLIARI Reggerà la tregua elettorale dei pastori sardi ancora scontenti sulla questione del latte? Il rischio di boicottaggio ai seggi, magari di qualche testa calda, non è ancora del tutto fugato.
«Proteste? Non lo so, vedremo», dicono ancora oggi gli allevatori. Tutti pronti, però, a sedersi al tavolo con il prefetto di Sassari per riprendere il negoziato «il prima possibile». La rivolta dei pastori è esplosa nel pieno di una campagna elettorale fiacca e ha occupato in un istante la ribalta. Riuscendo anche a compiere un mezzo miracolo: il pensiero unico di tutti gli aspiranti governatore, concordi sulla necessità di intervenire presto e bene. Ma divisi su come raggiungere l'obiettivo. Con attacchi feroci e scambi di accuse tra i diversi schieramenti.
Dei sette candidati in corsa - Christian Solinas (centrodestra), Massimo Zedda (centrosinistra), Francesco Desogus (M5s), Paolo Maninchedda (Pds), Mauro Pili (Sardi Liberi), Andrea Murgia (Autodeterminatzione) e Vindice Lecis (Sinistra sarda) - chi è entrato a gamba tesa contro i vertici della Lega è lo sfidante dei pentastellati, alleati di governo a Roma: «Dopo il fallimento dei tavoli di Roma e Cagliari, appare chiaro che l'azione di Matteo Salvini è del tutto fallimentare e il motivo è molto semplice - attacca Desogus aspirante governatore Grillino - la Lega è dalla parte degli industriali e a loro non chiederà nessun sacrificio». Salvini invece non fa altro che dire agli industriali: “Non fate i furbi”. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero