Vertice tra Conte e i vicepremier, allarme stallo. Salvini: «L'Iva non aumenta, soldi dalla crescita»

Il «bagno di realtà» non basta. Non basta aver certificato lo stallo del Pil che cresce solo dello 0,2%. E neanche rinnegare la «battuta» sul 2019...

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Il «bagno di realtà» non basta. Non basta aver certificato lo stallo del Pil che cresce solo dello 0,2%. E neanche rinnegare la «battuta» sul 2019 come «anno bellissimo». Bisogna fronteggiare il rischio di una congiuntura che, anziché migliorare, porti stagnazione o recessione. Dalla manovra bis, all'aumento dell'Iva, gli «spettri» si rincorrono. E di come provare a reagire subito, il premier Giuseppe Conte parla a pranzo con Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Bisogna «avviare la fase due» del programma di governo, è il messaggio del presidente del Consiglio ai due vice. Di una revisione del «contratto», dicono dalla maggioranza, si parlerà eventualmente dopo le europee. 


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Quel che intende Conte è che bisogna 'agirè, non fermarsi in attesa della prossima manovra. Il Quirinale avrebbe apprezzato la scelta di comporre un Def che presenta cifre più aderenti alla realtà, rispetto all'1,5% di crescita ipotizzato a settembre. È un Documento di galleggiamento, osserva chi ha letto le ultime bozze: tra l'estate e l'autunno dovranno essere sciolti i diversi nodi. All'indomani del Def e alle soglie di una campagna elettorale decisiva per le sorti del governo, però, la priorità gialloverde è rassicurare: «Non ci sarà patrimoniale né aumento dell'Iva», dichiara Conte, che definisce «una battuta in relazione a previsioni molto pessimistiche» la sua previsione di un 2019 «bellissimo». La riforma fiscale che include la flat tax, con «spending review» e revisione delle agevolazioni fiscali, arriverà - spiega il premier - «dopo l'estate». Anche la tanto dibattuta tassa piatta, non è tema dell'oggi: i nodi verranno al pettine dopo le europee. Salvini annuncia il progetto per le «prossime settimane». Ma se per fare la tassa piatta servirà aumentare l'Iva si «vedrà nella legge di bilancio», dice pragmatico Giancarlo Giorgetti. Nel Documento di economia e finanza, di cui manca il testo finale, c'è solo un generico impegno. La «flat» si farà a partire dal «ceto medio», ribadisce Di Maio, ma «sarebbe folle» - avverte - lo scambio con l'Iva. Non esiste, «l'Iva non aumenterà», concorda Salvini. Le circa due ore di colloquio a pranzo a Palazzo Chigi, servono al premier per riannodare il filo comune con i vice dopo le intemerate della campagna elettorale. Conte li aggiorna sulla crisi libica, dossier spinoso che impensierisce il governo: la linea è spingere per una soluzione politica e non militare. E alla fine ci si accorda per vedersi con cadenza settimanale - magari anche con Giovanni Tria - per tenere il bandolo dell'azione di governo, mentre i leader di M5s e Lega marcheranno sempre più le loro differenze nei comizi elettorali. I numeri del Def del ministro Tria (ancora «sub iudice» in casa pentastellata per le deleghe lasciate alla sua consigliera Claudia Bugno) sono passati perché, spiega Salvini, «è meglio essere prudenti prima e correre dopo». Ma con Conte e Di Maio il leader della Lega insiste perché si esca dallo stallo. Tardano le norme sui rimborsi ai risparmiatori truffati (potrebbero andare in un dl ad hoc o nel decreto crescita). Ma Salvini preme su tutti i dossier, dal decreto sblocca cantieri, che potrebbe tornare nel prossimo Cdm, al decreto crescita, fino ai temi della giustizia cari al centrodestra (a partire dal blocco della prescrizione), bisogna darsi una mossa. Perché, osserva qualche parlamentare leghista, i dati positivi dell'industria non scongiurano rischi ben più seri della stagnazione, lo spettro «Grecia» torna nei discorsi più allarmistici. I vicepremier provano a dare un messaggio di tranquillità: il leader della Lega passeggia per le vie del centro prima di una diretta Facebook, il leader M5s va in tv a rilanciare il suo profilo moderato e rassicurante. «Nessuna tassa sulla casa», dice a più riprese Salvini. Ma le opposizioni attaccano e imprese e sindacati sono sul piede di guerra. In una situazione del genere, in casa pentastellata si è diffusa la convinzione che al leader della Lega non convenga rompere. Ma dopo le europee, a seconda del risultato, Salvini farà le sue valutazioni: dal governo di transizione, a un ritorno al voto, fino a una nuova maggioranza, in transatlantico si fa ogni ipotesi. Come minimo, si annuncia un rimpasto di governo e, forse già in estate, una revisione del «contratto».
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Il Messaggero