Salvini: «Gli insulti di Bossi ci fanno migliorare». E i big leghisti lo blindano

Il leader della Lega alla festa di Varese. Assist di Giorgetti: «Serve disciplina»

La festa della Lega a Varese con il ministro dei Trasporti e leader del partito Matteo Salvini
ROMA «Gli insulti di Bossi ci fanno migliorare». Matteo Salvini celebra la festa dei 40 anni della Lega ed evita di polemizzare con il fondatore. Ma è chiaro...

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ROMA «Gli insulti di Bossi ci fanno migliorare». Matteo Salvini celebra la festa dei 40 anni della Lega ed evita di polemizzare con il fondatore. Ma è chiaro che questa non è una fase facile per il Carroccio e per il suo leader. Il quale in una giornata così simbolica riesce a compattare intorno a sé i big del partito, anche perché siamo alla vigilia di elezioni cruciali per il futuro della Lega, tra amministrative ed europee. «Dobbiamo stare compatti», è la parola d’ordine dei dirigenti e dei ministri salviniani e il corpaccione del partito proprio perché il momento è delicato tende a lasciare sullo sfondo e a non esasperare i malumori che ci sono.

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La «risottata» a Varese, questa celebrazione tra cibo e comizi, nella terra natale del movimento inventato da Bossi (che alla festa non c’è e l’altro giorno a stroncato il vecchio amico Matteo: «Serve un altro leader»), per Salvini è l’occasione utile a rinsaldare le truppe e a lanciarle verso gli appuntamenti con il voto. In una situazione che è questa: se la Lega arriva alle Europee sopra a Forza Italia, per Salvini sarà il rilancio e la blindatura - fino al prossimo congresso - della leadership. Se viceversa il Carroccio viene superato dagli azzurri di Antonio Tajani che sono in grande ripresa e hanno messo la freccia del sorpasso, per quello che negli ultimi anni è stato il Capitano leghista (soprannome ormai caduto in disuso anche tra i suoi da quando Matteo ha cominciato a non vincere più come prima) la tenuta dello scettro nel partito diventerà piuttosto problematica per il vice-premier e ministro delle Infrastrutture. Anche se Luca Zaia non ne vuole sapere di guidare la Lega - preferisce avere un nuovo mandato da governatore, il che è complicatissimo, e avrebbe indiscusse doti da ministro o da commissario Ue - e Massimiliano Fedriga, il più accreditato come possibile successore di Salvini, ha ancora da amministrare per anni il Friuli Venezia Giulia di cui è presidente e non sembra smaniare per fare il segretario. Altre alternative all’attuale leader del Carroccio al momento non se ne vedono. Ma la stragrande maggioranza della Lega è ancora con Salvini, come s’è visto ieri alla festa del quarantennale. Dove i due capigruppo alle Camere, Molinari e Romeo, hanno celebrato la «bravura» di Matteo, anche per voler smentire le voci che parlano di un certo malcontento nella squadra verde in Parlamento.

Dal palco, Salvini è incalzante: «Io non c’ero 40 anni fa. Sono del 1973 e ho fatto la prima tessera nel ‘90. Ringrazio colui che tutto ha cominciato. Senza Umberto Bossi non saremmo qui e milioni di italiani non parlerebbero di libertà». Poi: «Sono in Lega da 30 anni e sono abituato alle telefonate notturne e diurne di insulto e di polemica di Bossi, che avevo invitato qui, quindi mi servono per capire e migliorare».

In tanti ieri aspettavano l’intervento di Giancarlo Giorgetti. Qualcuno sperava che il ministro dell’Economia e leghista doc sparasse sul Capitano. Ma lui è il prudentissimo per antonomasia. E non infierisce mai sul leader in carica. «In questi anni di Lega abbiamo capito che non dobbiamo mollare mai», dice Giorgetti. E ancora: «Certe volte bisogna urlare, altre stare zitti. Certe volte bisogna reagire, altre sopportare. Sono regole che continuo a considerare avendo fatto il segretario della Lega lombarda. Sono regole fatte di gerarchia e disciplina che non deve diventare mai servilismo, sarebbe un errore». Si tratta di un sostanziale sostegno a Salvini, rispetto al quale è diverso in molti aspetti ma anche complementare. Giorgetti è Giorgetti, ed ecco Zaia. Sulla necessità di una nuova leadership, invocata da Bossi, il governatore veneto risponde così: «Io non entro in questo dibattito anche perché è sempre oggetto di polemiche».

LE INSIDIE
Quello che interessa a Zaia è l’autonomia. «Se in Parlamento la approvano prima delle Europee, bene. Se la approvano dopo, bene lo stesso». Così ha detto Zaia e ancora lui: «Basta che l’autonomia venga approvata. E’ un percorso travagliato, però si va avanti su questa direzione». Anche Zaia è con Salvini. Così come, nel reparto ministri, lo è Giuseppe Valditara. «La direzione di Matteo - assicura il titolare dell’Istruzione - è quella giusta. La Lega deve andare avanti con lui».

Per Salvini ci sono comunque da superare varie insidie: da quella dei nordisti che vogliono più Nord e meno Ponte di Messina nella strategia del capo a quelle di Meloni e di Tajani che non sembrano disposti a fare sconti (almeno sui tempi di approvazione) in materia di autonomia, e in più il leader azzurro ha scatenato una forte competizione elettorale nei confronti della Lega anche nel Settentrione. E anche chi dice, in area leghista, che la Lega s’è spostata a destra, troppo a destra. Ma Salvini ha tutte le possibilità di superare queste insidie. Basta non andare troppo male alle Europee e se dovesse portare il Carroccio al 10 per cento verrà benedetto con «l’acqua sacra del Po» (così è chiamata nel gergo lumbard), quella che Bossi fingeva di bere.

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Il Messaggero