Ristoranti italiani all'estero, dagli ingredienti alle ricette fino al personale: il ministro Lollobrigida annuncia un “disciplinare“

Per essere considerato a tutti gli effetti ristorante italiano, un locale potrebbe essere chiamato a dimostrare di utilizzare la maggior parte di materie prime provenienti dall'Italia

Ristoranti italiani all'estero, dagli ingredienti alle ricette fino al personale: il ministro Lollobrigida annuncia un “disciplinare“
I ristoranti italiani all'estero che di italiano hanno soltanto il nome? Potrebbero presto avere vita più difficile. Almeno è questa l'intenzione del...

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I ristoranti italiani all'estero che di italiano hanno soltanto il nome? Potrebbero presto avere vita più difficile. Almeno è questa l'intenzione del ministro dell'Agricoltura e Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida. Che dal suo insediamento ha già dichiarato guerra all'italian sounding, il fenomeno per cui prodotti che hanno ben poco di tricolore vengono spacciati in molte parti del mondo come provenienti dal Belpaese. 

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La stretta

Il prossimo capitolo invece potrebbe riguardare i locali. «Basta ristoranti che si dicono italiani e utilizzano prodotti che non lo sono - le parole di Lollobrigida -, basta cuochi che non sanno cucinare italiano e finiscono per diventare oggetto di barzelletta». Al ministero, ha spiegato il titolare dell'Agricoltura, si sta già studiando una stretta. Un "disciplinare", lo ha definito Lollobrigida, ossia una sorta di decalogo che qualunque attività vorrà fregiarsi del titolo di ristoarante italiano "certificato", per così dire, dovrà rispettare. 

Ancora non sono stati rivelati i dettagli dell'operazione, ma qualche anticipazione sulle linee guida che i locali tricolori all'estero dovranno seguire l'ha già fornita lo stesso ministro. A cominciare dal tema delle materie prime. «Basta con i prodotti italiani che italiani non sono», ha spiegato Lollobrigida. In altre parole, per essere considerato a tutti gli effetti ristorante italiano un locale potrebbe essere chiamato a dimostrare di utilizzare la maggior parte di ingredienti provenienti dall'Italia, o comunque realizzati in conformità alle regole italiane (niente "parmesan", per capirci).

Le possibili regole

Un altro requisito potrebbe riguardare le qualifiche degli chef. Che non necessariamente dovranno essere italiani (sarebbe assurdo pretenderlo), ma potrebbero dover dimostrare di aver seguito corsi specifici riconosciuti di cucina italiana. Alcuni spunti, poi, potrebbero provenire dal discplinare realizzato da Unioncamere, denominato "Ospitalità italiana - ristoranti italiani nel mondo". 

Tra i punti del regolamento, ce ne sono alcunio che potrebbbero essere inclusi nel nuovo disciplinare. Ad esempio: «La percentuale di piatti e ricette della tradizione italiana non deve essere inferiore al 50% del totale dei piatti presentati nel menù». E poi: «Il ristorante deve proporre al cliente, per il condimento a crudo, solo olio extravergine d’oliva DOP/IGP di provenienza italiana o olio extravergine d’oliva italiano». Ma si prevede anche che nel locale debba esserci almeno un addetto in grado di parlare la lingua italiana, e che il "capocuoco" sia stato "addestrato" per almeno sei mesi in un ristorante in Italia. ma per sapere con precisione quali saranno i punti del disciplinare, bisognerà attendere ancora un po'. 

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Il Messaggero