«Nel merito siamo sulle nuvole…». Nel Pd in diversi allargano le braccia: «Cosa potevamo fare di più?». Nel braccio di ferro intrapreso con...
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Bellanova: «Assurdo contrapporre lavoro e ambiente. Dai dem cultura anti-impresa che allarma»
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Orlando ai suoi interlocutori continua a ribadire la tesi che gli effetti della riforma della prescrizione si avranno nei prossimi anni, che c’è tutto il tempo per arrivare ad un compromesso, che si perseguirà il principio del favor rei, affinché si trovi un sistema per garantire l’efficace tutela dell’imputato. La soluzione che prevede l’allungamento dei tempi della sospensione dopo il primo grado di giudizio da 18 mesi a 2 o 3 anni è stata offerta al premier, ma al momento non c’è stata alcuna risposta e probabilmente non ci sarà, spiega un esponente dem. L’azzurro Costa che ieri ha tentato il blitz nell’Aula della Camera portando un ordine del giorno in cui si chiedeva il rinvio dell’entrata in vigore della riforma della prescrizione (il testo è stato bocciato con 234 no e 139 sì, Italia Viva si è astenuta) la riassume così: «Bonafede conduce 5 a 0 sul Pd».
Tuttavia al Pd interessava far abbassare i toni della polemica, evitare il cortocircuito (il segretario Zingaretti parla di «lavoro positivo, bisogna avere fiducia», mentre il suo vice, Orlando, dice che «ora un accordo è possibile»), aprire un confronto pacato nel merito anche perché – spiegano fonti dem – se nel giro di dieci giorni non ci dovessero essere passi avanti concreti «si fa ancora in tempo a far saltare il tavolo». L’opzione della proposta di legge da far viaggiare in Parlamento in tempi celeri resta ancora in piedi quindi. Per di più Renzi al momento sembra irremovibile: «C’è il rischio – ribadisce - di un giustizialismo pazzesco. La cancellazione della prescrizione è una cosa aberrante. Il processo senza fine non permette di avere giustizia ma nega la giustizia». Insomma il Pd ha indossato di nuovi i panni della forza responsabile, ricalcando lo schema giocato sul taglio del numero dei parlamentari: prima l’ok, poi l’accordo sui correttivi.
I DUBBIOSI
Nel frattempo però sono in tanti nel gruppo parlamentare ad agitarsi: «L’idea – osserva per esempio Orfini - che un processo possa durare in eterno è la traduzione in norma di una visione autoritaria e terribile del rapporto tra stato e cittadini: l’imputato non è mai innocente». Chi ha in mano il dossier in ogni caso premette che la partita non è certo conclusa. Anzi. Ma intanto Di Maio con i suoi canta vittoria: «Le nostra battaglie identitarie le portiamo avanti fino alla fine». Il capo politico M5S è tranchant: «Non voglio rivedere lo stesso film di Salvini. Non voglio che si temporeggi sulla riforma dei tempi dei processi per poi dirci che bisogna rinviare quella sulla prescrizione». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero