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Addio posto fisso. Benvenuto spoil system. Tra le pieghe della manovra c'è una notizia per le migliaia di dipendenti assunti presso i gruppi parlamentari di Camera e Senato, ma anche all'interno dei venti Consigli regionali italiani. Da ora in poi, niente contratti a tempo indeterminato. In altre parole, per scomodare il Poeta, «lasciate ogne speranza (di un lavoro sicuro) voi ch'intrate».
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La novità in manovra
L'emendamento è apparso nel fascicolo dei segnalati, quelli che hanno superato la prima tagliola durante la discussione della legge di bilancio. E attira subito l'occhio, perché è sottoscritto da tutti i gruppi parlamentari. In calce all'articolo (64-bis), firme di peso: Schullian, Foti, Serracchiani, Molinari, Silvestri, Cattaneo, Richetti, Zanella, Lupi. Non manca nessuno. Titolo: «Deroga alla disciplina dei contratti a tempo determinato».
Di che si tratta? In sostanza l'emendamento riprende in mano una serie di articoli del Jobs Act - la riforma-bandiera del governo Renzi sul mercato del lavoro - e dice una cosa semplice: non si applicano a chi lavora per i gruppi in Parlamento e nelle Regioni. Gli articoli modificati sono tre - 19, 21 e 23 - e battono tutti sullo stesso punto: la trasformazione dei contratti a tempo determinato in contratti a tempo indeterminato.
I contratti degli "onorevoli" dipendenti, d'ora in poi, avranno «una durata massima pari alla durata della legislatura nel corso della quale sono stipulati».
Addio Jobs Act
Se la modifica dovesse passare - è probabile, visto il consenso unanime - verrebbero meno molti dei paletti previsti dal Jobs Act. Il termine massimo di trentaseimesi per i contratti di lavoro subordinati. Il tetto di cinque rinnovi di un contratto determinato nell'arco di tre anni, superato il quale, per il Jobs Act, scattava l'indeterminato. E ancora, va da sé, il vecchio limite di un contratto determinato su cinque indeterminati fissato dalla legge targata Renzi.
Insomma, portaborse, consiglieri e speechwriter che ogni giorno varcano il portone di Montecitorio e Palazzo Madama sono avvisati: prima o poi, dovranno trovarsi un altro mestiere. Di più: le nuove regole - si legge nel testo dell'emendamento - si potranno applicare anche «ai contratti già in essere alla data in vigore della presente legge», purché intervenga un «accordo tra lavoratore e datore di lavoro». E quindi varranno per chiunque abbia firmato un contratto a tempo determinato con un gruppo. Compresi ex illustri dell'aula, come i neo-consulenti del gruppo del Movimento Cinque Stelle Paola Taverna e Vito Crimi, 70mila euro l'anno a testa.
Va detto che la norma spuntata in manovra ha una sua logica. Chiusa la legislatura, si chiude il gruppo parlamentare e così i contratti di chi ha lavorato a stretto contatto, magari con un rapporto fiduciario, con il deputato o senatore di turno. E in più la modifica del Jobs Act, in un certo senso, stabilizza i collaboratori. Se prima dopo trentasei mesi i precari del Parlamento rischiavano di tornare a casa (di fronte all'obbligo, per il datore, di stabilizzare il contratto), adesso potranno sperare in un rinnovo per l'intera durata della legislatura. Una certezza, però, rimane inscalfibile: è un lavoro a termine. Meglio tenerne conto..
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