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I soldi sono il cuore centrale dell’autonomia differenziata. E il campanello d’allarme che il trasferimento di 23 competenze oggi statali alle Regioni possa non essere a “saldo zero”, è scattato di nuovo. Qualcuno, come le ricche Regioni del Nord, potrebbe guadagnarci. Altri territori e Roma rischiano di perderci. Questa volta è stato il turno del Servizio del Bilancio del Senato ad avvisare dei rischi derivanti dal disegno di legge Calderoli. Il testo è stato derubricato a semplice «bozza» da «verificare» (da chi?), ma i problemi che sollevano i tecnici di Palazzo Madama non sono nuovi. Solo non se ne deve parlare.
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Il punto più critico è l’articolo 8 della proposta, quello che si occupa delle «clausole finanziarie» e che solleva più di un interrogativo. Il principale riguarda una questione già evidenziata da molti esperti e che per ora è rimasta senza risposta: le funzioni che saranno trasferite a Veneto e Lombardia, saranno finanziate cedendo alle due Regioni gran parte del gettito fiscale dello Stato (Irpef o Iva) che matura nel loro territorio (ed è bene ricordare che si tratta delle due Regioni più ricche d’Italia)?
Contemporaneamente il disegno di legge Calderoli dice che nel resto d’Italia vanno comunque garantiti i livelli minimi dei servizi secondo degli standard qualitativi uguali dappertutto. Ma con quali risorse? Se lascio un pezzo di Irpef o di Iva a Veneto e Lombardia, anno dopo anno il loro gettito fiscale aumenterà più delle spese per le funzioni trasferite. «A chi andrà il gettito extra?», chiedono i tecnici del Senato.
IL PASSAGGIO
C’è di più. C’è un tema di sostenibilità dei conti pubblici nel caso in cui il Paese si dovesse trovare a fronteggiare una crisi che lo costringesse a introdurre misure di austerity. Se si trasferiscono 23 funzioni alle Regioni e se in quelle restanti andranno comunque garantiti i Lep, di voci di spesa da tagliare ne rimarranno ben poche. Sostanzialmente quelle a carico dello Stato centrale, come la previdenza sociale (le pensioni), e quella della difesa e sicurezza. Su queste voci, dicono i tecnici del Servizio Bilancio, «i margini di riduzione andrebbero attentamente valutati».
In realtà la complessa partita dei costi dell’autonomia differenziata si gioca su due fronti. Il primo è quello del disegno di legge Calderoli su cui si sono concentrate le preoccupazioni del Servizio Bilancio. Il secondo è legato ai lavori della Clep, la Commissione di 61 esperti che sta lavorando alla definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni per i diritti sociali e civili che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La Commissione è guidata dal giurista e già giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese. Gli esperti chiamati dal governo per definire i Lep sono stati suddivisi in dieci gruppi di lavoro. E anche in questo caso è facile capire come la questione dei “soldi” è quella che sarà oggetto del confronto più complesso. Nel “sottogruppo” numero 9, quello che si occuperà del «Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», quello che dovrà sostanzialmente stabilire quanti soldi e in che forma saranno trasferiti alle Regioni, sono stati inseriti molti dei “pezzi da novanta” che compongono il gruppo degli esperti. Tra i sei esperti del «sottogruppo 9» ci sono il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta, da anni a guardia dei conti pubblici e sul quale negli ultimi giorni si sarebbe acceso l’interesse del governo proprio per la sua intransigenza su alcuni dossier (proprio sull’autonomia la Ragioneria è da sempre molto prudente). Nella “sottocommissione 9” poi, quasi a controbilanciare il peso di Visco e Mazzotta, ci sono due “Zaia boys”, Andrea Giovanardi e Elena D’Orlando. Entrambi fanno parte della delegazione “trattante” del Veneto, in pratica i tecnici chiamati dal governatore a negoziare con lo Stato i poteri e le risorse da trasferire alla Regione. D’Orlando è stata anche nominata come presidente della Commissione tecnica dei fabbisogni standard, l’organismo che deve decidere il “prezzo giusto” dei servizi anche per tutte le altre Regioni. Nulla, insomma, è lasciato al caso.
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