Pensioni, cosa succede con l'autonomia: «Lo Stato avrà meno fondi per sicurezza e pensioni». L’allarme sugli effetti della riforma

Sulle risorse parte il confronto tra Visco, il ragioniere Mazzotta e gli esperti di Zaia

Pensioni, cosa succede con l'autonomia: «Lo Stato avrà meno fondi per sicurezza e pensioni». L’allarme sugli effetti della riforma
di Andrea Bassi
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Mercoledì 17 Maggio 2023, 00:43

I soldi sono il cuore centrale dell’autonomia differenziata. E il campanello d’allarme che il trasferimento di 23 competenze oggi statali alle Regioni possa non essere a “saldo zero”, è scattato di nuovo. Qualcuno, come le ricche Regioni del Nord, potrebbe guadagnarci. Altri territori e Roma rischiano di perderci. Questa volta è stato il turno del Servizio del Bilancio del Senato ad avvisare dei rischi derivanti dal disegno di legge Calderoli. Il testo è stato derubricato a semplice «bozza» da «verificare» (da chi?), ma i problemi che sollevano i tecnici di Palazzo Madama non sono nuovi. Solo non se ne deve parlare.

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Il punto più critico è l’articolo 8 della proposta, quello che si occupa delle «clausole finanziarie» e che solleva più di un interrogativo.

Il principale riguarda una questione già evidenziata da molti esperti e che per ora è rimasta senza risposta: le funzioni che saranno trasferite a Veneto e Lombardia, saranno finanziate cedendo alle due Regioni gran parte del gettito fiscale dello Stato (Irpef o Iva) che matura nel loro territorio (ed è bene ricordare che si tratta delle due Regioni più ricche d’Italia)? 

Contemporaneamente il disegno di legge Calderoli dice che nel resto d’Italia vanno comunque garantiti i livelli minimi dei servizi secondo degli standard qualitativi uguali dappertutto. Ma con quali risorse? Se lascio un pezzo di Irpef o di Iva a Veneto e Lombardia, anno dopo anno il loro gettito fiscale aumenterà più delle spese per le funzioni trasferite. «A chi andrà il gettito extra?», chiedono i tecnici del Senato. Se andrà alle Regioni “autonomiste” lo Stato centrale diventerà sempre più povero e difficilmente avrà abbastanza risorse per garantire pari servizi negli altri territori. «Come si riuscirà», si legge, «a garantire la compatibilità di un eventuale aumento di gettito fiscale delle Regioni differenziate rispetto alla legislazione vigente, per effetto del trasferimento delle funzioni, con la necessità di conservare i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali presso le altre regioni?». Una risposta per adesso manca. 

IL PASSAGGIO

C’è di più. C’è un tema di sostenibilità dei conti pubblici nel caso in cui il Paese si dovesse trovare a fronteggiare una crisi che lo costringesse a introdurre misure di austerity. Se si trasferiscono 23 funzioni alle Regioni e se in quelle restanti andranno comunque garantiti i Lep, di voci di spesa da tagliare ne rimarranno ben poche. Sostanzialmente quelle a carico dello Stato centrale, come la previdenza sociale (le pensioni), e quella della difesa e sicurezza. Su queste voci, dicono i tecnici del Servizio Bilancio, «i margini di riduzione andrebbero attentamente valutati». 

In realtà la complessa partita dei costi dell’autonomia differenziata si gioca su due fronti. Il primo è quello del disegno di legge Calderoli su cui si sono concentrate le preoccupazioni del Servizio Bilancio. Il secondo è legato ai lavori della Clep, la Commissione di 61 esperti che sta lavorando alla definizione dei Lep, i livelli essenziali delle prestazioni per i diritti sociali e civili che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. La Commissione è guidata dal giurista e già giudice della Corte Costituzionale Sabino Cassese. Gli esperti chiamati dal governo per definire i Lep sono stati suddivisi in dieci gruppi di lavoro. E anche in questo caso è facile capire come la questione dei “soldi” è quella che sarà oggetto del confronto più complesso. Nel “sottogruppo” numero 9, quello che si occuperà del «Coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario», quello che dovrà sostanzialmente stabilire quanti soldi e in che forma saranno trasferiti alle Regioni, sono stati inseriti molti dei “pezzi da novanta” che compongono il gruppo degli esperti. Tra i sei esperti del «sottogruppo 9» ci sono il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco e il Ragioniere generale dello Stato Biagio Mazzotta, da anni a guardia dei conti pubblici e sul quale negli ultimi giorni si sarebbe acceso l’interesse del governo proprio per la sua intransigenza su alcuni dossier (proprio sull’autonomia la Ragioneria è da sempre molto prudente). Nella “sottocommissione 9” poi, quasi a controbilanciare il peso di Visco e Mazzotta, ci sono due “Zaia boys”, Andrea Giovanardi e Elena D’Orlando. Entrambi fanno parte della delegazione “trattante” del Veneto, in pratica i tecnici chiamati dal governatore a negoziare con lo Stato i poteri e le risorse da trasferire alla Regione. D’Orlando è stata anche nominata come presidente della Commissione tecnica dei fabbisogni standard, l’organismo che deve decidere il “prezzo giusto” dei servizi anche per tutte le altre Regioni. Nulla, insomma, è lasciato al caso.

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